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sabato, novembre 15, 2003

MAI PIU’ GUERRA 


VIA LE TRUPPE DALL’IRAQ

UN FUTURO PER IL POPOLO IRACHENO



Le 26 vittime, italiane ed irachene, dell’attacco al comando dei Carabinieri a Nassiria ci ricordano che la guerra in Iraq non è finita e che anche l’Italia è in guerra.. A loro, come a tutte le vittime di una guerra che non si doveva fare, va innanzi tutto il nostro pensiero. Alle loro famiglie, ai loro figli, ai loro cari, va il nostro cordoglio.

Per noi i morti sono tutti uguali: evitabili.


Anche questi si potevano evitare.


Ci avevano detto che la guerra era finita. Che gli iracheni avevano accolto l’esercito Usa come liberatore. Ci avevano detto che una nuova era di pace e democrazia si era aperta per l’Iraq.

Non era vero.

Ci avevano detto che si doveva disarmare l’Iraq dalle armi di distruzione di massa. Ci avevano detto che la guerra avrebbe contribuito alla lotta al terrorismo.

Non era vero.

Con l’invio dei militari in Iraq in appoggio ad una guerra condannata dalla maggioranza del popolo italiano ed in violazione dell’articolo 11 della Costituzione, il Governo si è assunto la responsabilità di partecipare, sotto comando americano, all’occupazione di un paese esponendo migliaia di giovani militari e civili al rischio della guerra per potersi sedere al tavolo dei vincitori.

Oggi lo stesso Governo ribadisce con forza la volontà di proseguire la missione.

Noi non siamo d’accordo.


Non è vero che ritirando i militari si rinuncia a sostenere la popolazione irachena. E’ vero il contrario. Molto di più si potrebbe fare se i 40 milioni di euro che si spendono ogni mese per mantenere il contingente militare fossero usati per ricostruire scuole, ospedali, centrali idriche.

Non è vero che è necessaria una presenza militare per fare questo: lo dimostrano le Ong italiane che con decine di operatori operano da mesi con interventi umanitari in tutto il paese. Sono questi gli interventi umanitari che bisogna sviluppare.


Non è vero che se le truppe si ritirano in Iraq ci sarà il caos e ci sarà il vuoto . Il caos è alimentato proprio dalla presenza degli occupanti che impediscono alla società civile e alle forze politiche irachene di assumersi la responsabilità del futuro del paese.

Solo la fine della occupazione militare può mettere fine alla guerra.

Per questo chiediamo il ritiro immediato di tutte le truppe straniere dall’Iraq a cominciare da quelle italiane e l’avvio di un processo costituente gestito dalle forze irachene e garantito dall’Onu. Riteniamo che le forme e le condizioni in cui avverrà debbano essere decise dagli iracheni.

Solo un processo costituente che veda la partecipazione di tutte le componenti politiche, culturali, religiose ed etniche irachene può portare ad un futuro di democrazia.


Siamo a Parigi con i movimenti sociali di tutto il mondo per un importante appuntamento europeo.

Siamo gli stessi che il 15 febbraio hanno manifestato a decine di milioni in tutte le parti del mondo per fermare l’imminente attacco in Iraq.

Non siamo tornati a casa dopo il 15 febbraio, non ci siamo arresi alla guerra, né quando è cominciata, il 20 marzo, né quando Bush l’ha dichiarata conclusa.

A maggior ragione oggi siamo qui per dire che non ci arrendiamo alla spirale di odio e di violenza che ha coinvolto anche il contingente italiano.

La guerra rimane un orrore inaccettabile

Alle vittime civili e militari, a tutte le vittime di questa guerra , va tutta la nostra solidarietà.

Per fermare tutto questo, perché non ci siano più vittime pensiamo che il popolo della pace debba far sentire forte la propria voce.

Per questo sabato 22 novembre manifesteremo in tutte le piazze d’Italia contro la guerra e l’occupazione e per l’immediato ritiro delle truppe italiane dall’Iraq.

Per questo chiediamo agli italiani di ribadire la volontà di pace riempiendo ancora i balconi e le finestre con le bandiere arcobaleno.

Per questo aderiamo sin d’ora alla giornata mondiale di mobilitazione del 20 marzo promossa dai movimenti pacifisti statunitensi con adesione di migliaia di movimenti in tutto il mondo, per un’altra giornata globale contro le guerre.

Per questo proseguiremo la mobilitazione nella società e verso le istituzioni nei prossimi mesi.

Mai più guerra

Per un altro mondo possibile.


Gruppo di continuità del Forum Sociale Europeo


Alternative; Altraagricoltura; ARCI; Attac; Bastaguerra; Carta; Federazione Cobas; Convenzione permanente delle donne contro la guerra; Cub; Fiom; Forum Ambientalista; Forum per la democrazia europea; Giovani Comunisti; ICS; Lavoro Società – Cambiare Rotta (Cgil); Legambiente; Libera; Liberazione; Lila – Cedius; Lunaria; Marcia mondiale delle donne; Movimento delle e dei Disobbedienti; PRC; Punto Rosso - Forum mondiale alternative; Rete Lilliput; Sdebitarsi; S.in Cobas; Socialismo 2000; Tavolo Stop precarietà; Tavolo fermiamo il WTO; Tavolo Migranti del FSE; Terre des Hommes; Uds – Udu; Un ponte per…; Pdci; Federazione Verdi


venerdì, novembre 14, 2003

OGM: COMMISSARIO BYRNE 


Nel corso della conferenza stampa del Commissario UE alla Salute e alla Protezione del Consumatore, svoltasi nella mattinata odierna all’Hotel Sheraton di Roma, attivisti dell’Associazione Verdi Ambiente e Società (VAS) hanno contestato a David Byrne le sue continue e indebite ingerenze verso il Governo italiano per ottenere la revoca del Decreto Amato che, dall’agosto del 2000, ha sospeso la commercializzazione di quattro varietà di mais OGM autorizzate senza preventiva valutazione di sicurezza d’uso.

“E’ dal giorno successivo l’emanazione del Decreto Amato – dichiara Simona Capogna, dell’ufficio biosicurezza di VAS – che il Commissario Byrne ha cercato in ogni modo di intimidire il nostro Paese per costringerlo alla revoca del provvedimento di sospensione dal commercio dei quattro mais OGM illegittimamente autorizzati al consumo alimentare dalla UE.”

“Le recenti minacce di procedura di infrazione da Lui rivolte al nostro Paese – prosegue Simona Capogna - costituiscono un precedente istituzionale gravissimo, tanto più che la recente sentenza della Corte di Giustizia UE ha affermato il diritto dell’Italia ad intraprendere proprie misure cautelari sui quattro mais OGM, dando con ciò il via libera all’esame di merito sulla sicurezza d’uso dei quattro mais transgenici”.

“Sul fronte interno è noto – dichiara Simona Capogna – che da oltre un anno il Comitato Biosicurezza e Biotecnologie (CNBB) della Presidenza del Consiglio, in luogo di promuovere gli accertamenti scientifici e di laboratorio sui quattro mais OGM, opera semplicemente nel tentativo, anch’esso, di favorire la revoca del Decreto Amato”

“Ci sembra – conclude Simona Capogna – che sulla questione dei quattro mais le istituzioni, Europee e Italiane, stiano operando in senso contrario alle loro prerogative di garanzia e di controllo su un tema nodale come quello degli OGM. Non è una bella notizia per l’opinione pubblica che, notoriamente, di OGM non intende nutrirsi. Da che parte deciderà di schierarsi il Presidente del Consiglio del nostro Paese?”.

Roma, 14/11/03
VAS Verdi Ambiente e Società


MAI PIU' CIG, SI A UNA NUOVA CONVENZIONE COSTITUENTE PER L'EUROPA 


FORUM SOCIALE EUROPEO


Parigi, 14 novembre 2003

MAI PIU' CONFERENZE INTERGOVERNATIVE
SI A UNA NUOVA CONVENZIONE COSTITUENTE
PER L'ALTRA EUROPA DEMOCRATICA E FEDERALE



E' ora di dire basta a conferenze intergovernative che si riuniscono a porte chiuse per decidere del futuro dei cittadini europei e del mondo. Non è accettabile e neanche democratico che i governi si arroghino il potere di avere l'ultima parola sul processo costituente.

Il potere costituente sta nelle mani e nella volontà dei cittadini europei. Occorre suscitare un grande movimento di protesta per convocare una nuova Convenzione costituente e farla finita con le conferenze intergovernative, dove i governi si prendono gioco dei cittadini europei e dei loro rappresentanti eletti.

Il movimento federalista europeo chiede ai movimenti impegnati nel forum sociale europeo di Parigi per la costruzione di un'Europa di pace, di una cittadinanza cosmopolita legata alla residenza, di un'Europa sociale e dei diritti, di rivendicare il potere costituente riaprendo il processo tramite una mobilitazione popolare europea,

sfruttando anche il principio della democrazia partecipativa presente nell'articolo 46 del trattato costituzionale che prevede l'iniziativa di un milione di cittadini,

al fine di convocare una seconda convenzione realmente costituente con l'obiettivo di eliminare il potere di veto degli stati nazionali (nel processo decisionale e nel metodo di ratifica e revisione della Costituzione) e di arrivare a una Costituzione democratica e federale che abbia come valori fondanti il diritto alla pace e il ripudio della guerra.

Parigi, 14 novembre 2003
Movimento federalista europeo
Nicola Vallinoto

Meno beneficenza, più diritti 


Campagna italiana sulla responsabilità sociale delle imprese



LA PROPOSTA DEL GOVERNO ITALIANO SULLA RESPONSABILITÀ SOCIALE DELLE IMPRESE: UN’ALTRA OCCASIONE PERSA, SECONDO LA CAMPAGNA “MENO BENEFICIENZA, PIÙ DIRITTI”

La proposta illustrata oggi dal governo italiano sulla responsabilità sociale delle imprese presenta numerosi elementi di incertezza e configura meccanismi decisionali che la rendono largamente inaccettabile. È quanto afferma la Campagna “Meno beneficenza, più diritti”, promossa da 14 associazioni italiane, in rappresentanza di circa tre milioni di iscritti.

Nella proposta del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Roberto Maroni, viene considerato come quadro di riferimento il Libro Verde della Commissione Europea, trascurando volutamente le numerose prese di posizione del Parlamento Europeo e le recenti Norme delle Nazioni Unite sulla responsabilità delle imprese nei confronti dei diritti umani. La Campagna “Meno beneficenza, più diritti” ribadisce a questo proposito che la responsabilità sociale consiste nell’assunzione, da parte delle imprese, di tutte le conseguenze della propria attività sia sul piano economico che su quello ambientale e sociale, lungo l’intera catena di creazione del valore, tanto nel loro paese quanto all’estero.

Il Progetto italiano, al contrario, limita il concetto di responsabilità sociale delle imprese ai ristretti confini nazionali, escludendo centinaia di milioni di persone e intere grandi comunità che lavorano per imprese italiane ed europee e che spesso subiscono gravi abusi dei loro diritti, in favore di una visione miope e utilitaristica, in cui la beneficenza viene confusa con la responsabilità e dove la sola convenienza economica sembra essere la molla che dovrebbe spingere le imprese ad assumere comportamenti meno discutibili.

Il documento presentato questa mattina sottolinea, a pagina 34, come il Progetto sia frutto “di un’ampia riflessione avviata all’inizio del 2002” e si proponga “di avviare un nuovo confronto esteso a tutti gli stakeholder interessati a livello nazionale ed europeo”. La Campagna “Meno beneficenza, più diritti” osserva che la “ampia riflessione” di cui parla il governo ha completamente trascurato la consultazione di associazioni, enti e anche gruppi di imprese, che avrebbero potuto dare un importante contributo all’elaborazione del Progetto. Dopo aver rifiutato questo confronto, sembra quanto meno paradossale che venga ora presentato un Progetto definito nei minimi termini e su questo si auspichi un confronto, che è stato negato nella prima e più importante fase.

L’autocertificazione effettuata dalle imprese attraverso un “Social statement”, viene affidata secondo la proposta governativa a un “CSR Forum” di cui non è specificata la composizione; contemporaneamente, viene comunicata l’avvenuta sottoscrizione di un “protocollo d’intesa” con Unioncamere, “per la collaborazione in materia di promozione della CSR (ad esempio per le funzioni di raccolta dei Social statement, per l’attività di supporto e monitoraggio delle imprese)”. Di fatto, quindi, funzioni importanti di analisi e verifica vengono affidate a organismi che non possono essere definiti neutrali.

Con questo Progetto, le aziende (tramite la cosiddetta “seconda fase”) vengono anche invitate a effettuare dei contributi allo Stato, poiché essi di fatto sono gestiti tramite “un Fondo SC nell’ambito del Bilancio statale” a supporto di “priorità di intervento sociale” contenute nel Piano di Azione Nazionale e individuate dalla Conferenza Unificata – aggiungendo anche “…e dalle Organizzazioni Non Governative”, ciò che pare alla Campagna “Meno beneficenza, più diritti” un contentino di poco conto.

Il Progetto fa anche riferimento a una serie di parametri, i “Social Performance Indicators”, elaborati dall’Università Bocconi su un campione di sole 15 aziende, i quali sembrano costituire un ennesimo sistema di riferimenti che ignora – anche se non contrasta – i sistemi già esistenti, come i parametri del Parlamento Europeo e le Norme delle Nazioni Unite già richiamate (SA 8000, AA 1000, GRI): aggiungere parametri a parametri non farà altro che accrescere la confusione di imprese e consumatori in un panorama già fortemente inquinato da interpretazioni volontaristiche di comodo.

La Campagna “Meno beneficenza, più diritti” esprime ancora forti perplessità sul ruolo che il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali intende attribuire a non meglio identificati “soggetti autorizzati a gestire i progetti nel sociale”, soggetti di cui non si conoscono le attribuzioni e i reali poteri, così come sulla “destinazione del TFR nei Fondi pensione, tra i quali quelli etici”. Chi deciderà quali Fondi sono veramente “etici”?

Infine, la Campagna “Meno beneficenza, più diritti” valuta positivamente il richiamo all’etichettatura sociale del Commercio equo e solidale, menzionato tra gli indicatori sociali, anche se sottolinea che esso viene associato ai soli criteri di “qualità, impatto ambientale e sicurezza dei prodotti”, escludendo quindi il forte contenuto solidaristico e di responsabilità sociale che ha caratterizzato il Commercio equo e solidale sin dalla propria nascita.

La Campagna “Meno beneficenza, più diritti” esprime in conclusione la forte insoddisfazione delle associazioni che la compongono, per un’occasione che l’Italia ha perso per dare un contributo allo sviluppo in senso migliorativo della discussione in corso sul tema della responsabilità sociale delle imprese nel nostro paese, in Europa e nel mondo. Roma, 14 novembre 2003 Fonte Ufficio Stampa Amnesty International

La campagna “Meno beneficenza più diritti” è composta da:

Amnesty International - Coord. Lombardo nord-sud - ROBA dell'altro Mondo - ARCI - CTM/Altromercato - Save the Children Italia - Azione Aiuto - Legambiente - TransFair Italia - Banca Etica - Libera - Unimondo - Cittadinanzattiva - Mani Tese.

Le 14 associazioni chiedono un impegno del governo italiano in sede europea per:

· definire un codice di condotta europeo
· introdurre una base giuridica vincolante per la disciplina delle attività delle imprese europee all’estero
· introdurre l’obbligo della presentazione di un bilancio socio-ambientale accanto a quello finanziario
· attivare incentivi fiscali e finanziamenti per le imprese che possono dimostrare il raggiungimento di adeguati standard
· introdurre parametri etici e ambientali vincolanti per le imprese che operano per conto degli Stati e dell’Unione Europea.

La Campagna “Meno beneficenza, più diritti” è on line su www.piudiritti.it.




Giovani Musulmani d'Italia: attacco ai Carabinieri 


Giovani Musulmani d'Italia


COMUNICATO

Oggetto: Attacco ai Carabinieri in missione a Nasserya, Iraq
Data 13/11/2003


L'associazione Giovani Musulmani d'Italia si unisce a tutti gli italiani nel dolore, nel cordoglio e nella solidarietà alle famiglie dei caduti dei nostri ragazzi, in servizio per la missione di pace in Iraq.

Come giovani musulmani vogliamo sottolineare il valore supremo, comune ed universale della vita umana, ce lo insegna la nostra religione, e dobbiamo confermarlo nelle nostre azioni. Alle vittime, civili e militari va tutto il nostro rispetto.

A Nasseriya capi religiosi cristiani e musulmani di varie confessioni, hanno espresso solidarietà e cordoglio alle famiglie delle vittime militari e civili dell'attacco di ieri. Leggiamo questo come uno dei segnali indicativi del fatto che le nostre truppe hanno svolto e svolgeranno un buon lavoro, a favore e non contro la popolazione locale, per riportare sicurezza e stabilità.

I Giovani musulmani d'Italia non sono d'accordo con la soluzione della guerra in Iraq, ne per le motivazioni iniziali, ne per i metodi. Oggi però la situazione è critica, chiediamo e appoggiamo una soluzione multilaterale, come quella delle Nazioni Unite, che dia al più presto giustizia, libertà e democrazia alla popolazione irachena, che ha subito due guerre nei soli ultimi dieci anni, oltre ad una feroce dittatura.

Direzione nazionale

Khalid Chaouki
Presidente nazionale

RIMETTIAMO AL BALCONE LA BANDIERA DELLA PACE:  



PER CHIEDERE UN IMMEDIATO RITIRO DELL'ILLEGITTIMA MISSIONE DI OCCUPAZIONE ITALIANA IN IRAK


In questo doloroso momento, in cui le famiglie italiane piangono i loro cari uccisi in Iraq, RETE LILLIPUT e il Coordinamento della Campagna "PACE DA TUTTI I BALCONI!" desiderano esprimere un profondo cordoglio e una forte solidarieta' ai familiari delle vittime. Allo stesso tempo condannano decisamente ogni atto di violenza e di terrorismo e rilanciano l'impegno per la costruzione di un mondo di pace.

Siamo convinti che un la pace si puo' ottenere solo attraverso un fermo "ripudio della guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali" (Costituzione della Repubblica italiana, art. 11) e percorsi di nonviolenza attiva. In questo contesto intendiamo rilanciare l'iniziativa di esporre al balcone la Bandiera arcobaleno della Pace, come strumento per ribadire il NO a tutte le violenze che siano quelle del terrorismo, della guerra o dell'occupazione.

Nei mesi scorsi la bandiera e' stata per milioni di italiani il simbolo della volonta' di non partecipare ad un conflitto che avrebbe comportato solo morte e distruzione, e non la reale uscita dell'Iraq da una dittatura feroce. Vorremmo che il segno della bandiera significasse per tutti quelli che la espongono un impegno preciso in prima persona e nelle comunita' locali verso tutte quelle attivita' che possono contribuire alla costruzione vera della Pace. Come constatiamo tristemente in questi momenti, la guerra non e' finita e purtroppo ora conta anche delle vittime italiane. Cio' rende ancor piu' urgente il sostegno all'appello affinche' nasca l'Europa militarmente neutrale, per la pace dentro e fuori i propri confini.

Se gran parte dell'attivita' svolta dai militari italiani in Iraq e' di carattere umanitario cio' non basta ad accreditare la loro presenza come una "missione umanitaria" per la quale e' invece richiesto un preciso consenso della comunita' internazionale. La mancanza di questo consenso ha configurato la missione del contingente militare italiano come intervento di occupazione e la rende illegittima. Di conseguenza chiediamo l'immediato ritiro delle forze militari italiane dall'Iraq. Sosteniamo invece le azioni umanitarie che molti gruppi da tutto il mondo stanno da tempo conducendo per portare vero sollievo alla popolazione martoriata dell'Iraq.

Esponiamo la Pace dai nostri balconi! Aiutiamola a camminare!

Rete Lilliput

"Così non si combatte il terrorismo" 

L'Associazione Beati i Costruttori di Pace esprime cordoglio, solidarietà e grande riconoscenza a tutti i giovani del contingente italiano e agli iracheni uccisi con loro a Nassiriya, in Iraq.

Sappiamo con quali idealità, dedizione e coraggio molti di loro affrontano queste missioni difficili. Siamo profondamente addolorati e vorremmo comunicare la nostra sincera partecipazione a tutte e singole le loro famiglie.

Ma non possiamo esprimere la nostra solidarietà politica alla scelta fatta dal Governo italiano. Quanto accaduto speravamo non si verificasse, perché gli italiani sono amati in Iraq per tutto quello che hanno fatto per la pace prima, durante e dopo la guerra voluta dal governo di Bush. Ma il servilismo delle scelte di Governo ha portato i nostri carabinieri e soldati alle dipendenze della forza occupante statunitense e ha posto un
limite invalicabile. Come forza di occupazione la loro è rimasta una missione di guerra. L'abbiamo denunciato con chiarezza e continuiamo a farlo. Per questo richiamiamo tutte le forze politiche italiane a costruire con gli altri Paesi europei un'altra modalità di presenza internazionale ONU, con il rientro delle forze di occupazione e governando la transizione con un chiaro riconoscimento della sovranità del popolo iracheno.

Non è vero che Bush vuole sconfiggere il terrorismo; sono altri gli scopi reali. I fatti dicono che questo metodo unicamente militare concentra e incentiva il terrorismo internazionale e ottiene l'effetto contrario.

Tutti gli appelli all'unità nazionale contro il terrorismo in questo momento rischiano di risultare ipocriti e ingannare i cittadini. Noi in Italia sappiamo che il terrorismo può essere superato solo all'interno della legalità con il consenso e lo sforzo congiunto delle istituzioni e dei cittadini.

Per questo con dolore affermiamo che la responsabilità politica delle vittime uccise nell'attentato di Nassiryia ricade sulla scelta fatta dal Governo italiano.

Esprimere solidarietà sincera in questo momento per noi significa invertire
immediatamente la rotta.

Beati i costruttori di pace

giovedì, novembre 13, 2003

ALFA ROMEO ARESE 

Informiamo, che nella giornata odierna, i lavoratori dell'Alfa Romeo di Arese aderendo all'iniziativa sindacale di sciopero generale con assemblea, prima alla portineria centrale e poi alla portineria del polo logistico dove da una settimana, è in corso un presidio permanente, hanno determinato l'adesione dei piccoli trasportatori, sui temi occupazionali del sito di Arese.

Successivamente un corteo di camion ed una rappresentanza sindacale hanno percorso tutta Milano sino a Piazza della Scala, una delegazione si è recata all'Alfa Business Park (A.B.P.) per richiedere un incontro urgentissimo con la stessa, per esigere il totale rispetto degli accordi sottoscritti.

In attesa dell'incontro con il C.d.A. di A.B.P. che avverrà il 17 novembre 2003 proseguirà il presidio della portineria del Polo Logistico fino a sabato mattina, quindi sarà sospeso in attesa di una soluzione positiva per tutti i lavoratori.

Arese 13/11/2003

FIM -FIOM -UILM - SLAI COBAS
ALFA ROMEO ARESE

IRAQ: SOLIDARIETA' ALLE FAMIGLIE DELLE VITTIME 

FERMIAMO QUESTA STRAGE

Dichiarazione di Maria Guidotti, presidente nazionale Auser

Il dolore e il lutto dell'Iraq ora ha colpito anche l'Italia, con terribile
durezza. "Il primo pensiero va ai famigliari delle vittime coinvolte da
questa tragedia - ha dichiarato Maria Guidotti presidente nazionale Auser,
a cui facciamo giungere il nostro cordoglio e la nostra solidarietà ".

Ma accanto al dolore e allo sgomento, l'Auser ribadisce che da subito ogni
coscienza civile si deve interrogare sul senso della presenza delle truppe
italiane in quel paese. E ribadisce con fermezza la propria posizione: il
ritiro immediato dei militari e che siano gli organismi internazionali -
Onu in primo luogo- ma anche l'Europa coinvolti nel trovare soluzioni alla
tragedia del Medio Oriente e per restituire l'Iraq agli iracheni.

"Non abbiamo mai creduto nella retorica e nella pratica della "guerra
preventiva" - continua la Guidotti- la guerra genera solo lutti e
distruzione e non può essere la soluzione dei conflitti. La tragedia è
sotto gli occhi di tutti."

Roma, 12 novembre 2003

Non si può entrare in un paese armi alla mano 

Comunicato del Tavolo contro la guerra di Bologna sull'attentato di Nassiriya contro i Carabinieri italiani in Iraq.

Il Tavolo contro la guerra di Bologna apprende con dolore la notizia della morte di più di 20 persone e del ferimento di molte altre nell'attacco di questa mattina alla base dei Carabinieri di Nassiriya, nell'Iraq meridionale.

Con dolore, ma come una notizia tragicamente prevedibile.

Il nostro primo pensiero è per le famiglie dei morti, per i militari italiani e i lavoratori irakeni coinvolti, ma il cordoglio non ci può esimere dall'indicare precise responsabilità.

Condanniamo in primo luogo i responsabili di questo sanguinoso attentato ma non possiamo ignorare le responsabilità che il governo Berlusconi si è assunto con la sua decisione di inviare un contingente militare in Iraq al fianco degli occupanti USA e GB, in spregio dell'art 11 della Costituzione e contro la posizione espressa dall'ONU.

Non si può entrare in un paese armi alla mano, al seguito di un esercito di invasione legittimato da null'altro che dalla forza brutalmente impiegata, e sperare di essere "fuori dalla mischia". Né si può stanziare per gli aiuti umanitari una cifra pari a un decimo di quella destinata all'intervento militare e pretendere poi che i militari servano solo a proteggere l'intervento di solidarietà.

Le "guerre preventive" non sono che guerre di aggressione, il massimo crimine internazionale per la Carta dell'ONU.

In Iraq, dove decine di Irakeni ogni giorno muoiono sotto i colpi dei soldati stranieri che hanno invaso il paese e sono ormai quotidiani gli attacchi contro le forze di occupazione, sono state colpite anche la Croce Rossa Internazionale e le Nazioni Unite. Il paese si trova in un caos che resterà sanguinoso e inestricabile finché il popolo irakeno non potrà scegliere la propria strada e riprendere il proprio destino nelle sue mani. In questa situazione come pensare che i militari Italiani in armi non sarebbero stati attaccati?

La fine dell'occupazione, il ritorno dell'Iraq al suo popolo sono oggi le sole opzioni possibili.

Ribadendo il nostro cordoglio per le famiglie colpite e la condanna per tutti gli attacchi terroristici, in particolare contro le agenzie internazionali e gli operatori umanitari,
chiediamo:

- l'immediato ritiro del contingente militare italiano e di tutte le forze di occupazione dall'Iraq;

- il taglio dei fondi stanziati per questa ed altre missioni militari all'estero da destinare ad altri capitoli di spesa secondo le indicazioni della campagna "Sbilanciamoci!" per una finanziaria di pace

- l'intervento dell'ONU nella crisi per sostituire l'autorità militare statunitense e preparare, nel più breve tempo possibile, le elezioni e la convocazione di un'Assemblea Costituente nel paese.

- a tutti i Parlamentari che hanno partecipato alla Perugia-Assisi e alle mobilitazioni contro la guerra dello scorso inverno, di adoperarsi concretamente e coerentemente, ora più che mai, nello spirito del ripudio alla guerra sancito dalla Costituzione e sostenuto "senza se e senza ma" da milioni di persone e di bandiere nelle piazze d'Italia e D'Europa nei mesi scorsi.

Invitiamo tutti, e in primo luogo coloro che si sono impegnati contro la guerra, a partecipare al presidio indetto da CGIL, CISL, UIL Bologna per la Pace subito! che si svolgerà nella giornata di giovedì 13 novembre, alle ore 17.30, in Piazza del Nettuno, e a sostenere al termine della manifestazione la delegazione che porterà in prefettura le richieste del movimento per la pace.

Bologna, 12.11.2003
Tavolo contro la Guerra di Bologna

Torna Social Press house organ del FSE 

Dal 12 al 16 novembre 2003 socialpress, il periodico nato a Firenze come quotidiano in occasione del FSE 2002, ritorna con una edizione elettronica quotidiana sul sito www.socialpress.it. Ogni giorno verranno pubblicate corrispondenze, notizie, approfondimenti sul Forum Sociale Europeo di Parigi: dai resoconti delle plenarie e dei seminari, degli workshop e delle attività che si svolgono al di fuori del programma ufficiale, vorremmo far emergere un quadro certamente parziale ma ricco degli umori, delle idee, delle proposte che si agitano all´interno del movimento dei movimenti. Restiamo convinti, tanto più in una situazione italiana e mondiale delicata come questa, che le esperienze e le storie dei singoli abbiano bisogno di incontrarsi con le analisi e le elaborazioni sui problemi politici e sociali più generali. A questo obiettivo socialpress vuole continuare a dare un contributo anche in questa nuova veste. Il sito www.socialpress.it resterà attivo, naturalmente, anche dopo la fine del FSE, con le stesse caratteristiche e le stesse finalità: aperto al contributo e alla collaborazione di tutti coloro, in Italia e in Europa, che intendono contribuire alla circolazione e al confronto delle esperienze e delle idee.

ROBA: FSE: Da Parigi a Venezia, il commercio equo sfida le imprese irresponsabili 

Mentre in Italia si svolge un Forum sulla responsabilità sociale delle imprese, che apre appena alle economie solidali, a Parigi la nuova economia riparte dal Commercio Equo.

"Doveva essere un Forum Multi-stakeholder, cioè che invita al dialogo tutti gli attori del mercato, quello che si è aperto oggi a Venezia, ma lo spazio riservato alle economie solidali, e il silenzio dei Governi sulle loro proposte, dimostra che l'unico spazio politico realmente agibile per l'alternativa all'attuale modello di sviluppo e di mercato dobbiamo costruircelo da soli, al Forum Sociale Europeo di Parigi, come nelle Botteghe del Mondo, come nel nostro dialogo quotidiano con le istituzioni locali e nazionali". Deborah Lucchetti, della Centrale d'importazione italiana del Commercio Equo ROBA dell'Altro Mondo ha lanciato, insieme a Rete Lilliput e alle organizzazioni dell'economia solidale presenti a Parigi, una sfida alle imprese e alle istituzioni italiane: "Proprio oggi e domani, in concomitanza con con l’FSE, si tiene a Venezia (Italia), la conferenza interministeriale europea sulla Responsabilità sociale d'impresa. Il ministro Maroni illustrerà una proposta assolutamente "originale": ai Governi europei verra' proposto di riconoscere come "etiche" (e quindi concedere sgravi fiscali) le imprese che autocertificano (senza alcun controllo indipendente) di avere comportamenti corretti e che usano una piccola parte del loro profitto per finanziare il welfare nazionale". Per denunciare l’inconsistenza e l’ipocrisia di questi approcci alla CSR, è nata in Italia una campagna (www.piudiritti.it) che vuole che la produzione controllata direttamente o indirettamente dalle aziende europee nei paesi a basso reddito avvenga nel pieno rispetto dei diritti fondamentali della persona e delle comunita' locali e garantisca il rispetto e la protezione dell’ambiente. "Per questo - spiega Deborah Lucchetti - chiediamo:
· che venga elaborato un codice di condotta europeo per le imprese che operano all’estero
· che venga elaborato un marchio sociale a livello europeo con sistemi di incentivi fiscali e finanziari per chi rispetta gli standard
· che venga istituita una base giuridica vincolante
· che venga garantito il diritto dei cittadini alle informazioni sui comportamenti delle imprese. E' anche interesse delle imprese promuovere la propria responsabilità sociale perche, secondo un'indagine del 2003 – CSR monitor - i consumatori attenti ai comportamenti delle imprese sono diventati dal 36 7761282i tutti i cittadini europei rilevato nel 1999 al 62 7761282el 2001".
La prossima tappa del confronto parigino si terrà domani venerdì 14 novembre dalle 9.00 alle 12.00 a Parigi La Villette (Grande Hall - Boris Vian) grazie a un seminario sui Codici di Condotta Internazionali promosso da molti sindacati metalmeccanici tra cui la tedesca IG METALL, la francese FTM-CGT e le italiane FIOM-CGIL e FIM-CISL nel quale interverrà per ROBA Deborah Lucchetti .

Per info http://roba.coop alla pagine "mondo".

LINEA FR3 VITERBO-ROMA 

CACCIATA DAL TRENO UNA TROUPE RAI DEL TGR LAZIO GUIDATA DAL GIORNALISTA FAUSTO PACE: E' SUCCESSO STAMATTINA A VETRALLA ALLE 6.15.

IL CAPOTRENO HA IMPEDITO ALLA TROUPE TELEVISIVA, SALITA A VITERBO, DI COMPLETARE IL SERVIZIO SUI DISSERVIZI E DISAGI SUBITI DAI VIAGGIATORI.


"UN ATTO GRAVE CHE CONFERMA L'OPPORTUNITA' DI UN'INCHIESTA DELLA MAGISTRATURA SULLA GESTIONE DELLA LINEA FERROVIARIA" DICHIARA IL COORDINAMENTO DEI COMITATI DI ROMA NORD.


"Ci hanno cacciati dal treno" : con queste parole il giornalista Rai Fausto Pace, corrispondente da Viterbo del TGR Lazio, ha telefonato stamattina alle 6,20 al Coordinamento dei Comitati Roma Nord per informare che, dopo 20 minuti di tragitto, gli era stato impedito di continuare le riprese televisive sul treno Viterbo-Roma. Nella giornata di ieri il giornalista Pace aveva informato Trenitalia della sua intenzione di effettuare riprese sul treno e si era messo in contatto con il Coordinamento Comitati Roma Nord per organizzare un viaggio documentario da Viterbo a Roma Ostiense con interviste ai pendolari. Lo scopo era monitorare la funzionalità della linea ferroviaria e gli eventuali disservizi e disagi subiti da chi si serve quotidianamente del treno per arrivare nella capitale. Salita alle 5.53 alla stazione di Viterbo, la troupe della Rai ha cominciato a fare tranquillamente interviste sul treno in presenza di funzionari dell'azienda delle Ferrovie che non hanno obiettato nulla. Arrivato alla stazione di Vetralla, il capotreno si è presentato davanti al giornalista Fausto Pace e, dopo avergli chiesto il biglietto di viaggio, gli ha intimato di spegnere la telecamera o di scendere dal treno. Bloccato così alla stazione di Vetralla alle 6.15 di stamattina con la sua troupe, Pace ha subito informato dell'accaduto i Comitati Roma Nord che si erano resi disponibili ad eventuali interviste presso le stazioni di Anguillara e di Ipogeo degli Ottavi. Domenico Ciardulli, Segretario del Coordinamento Comitati Roma Nord dichiara: "Ci dispiace di quanto accaduto alla troupe Rai alla quale esprimiamo la nostra solidarietà. Ci auguriamo che la Procura di Roma, presso la quale abbiamo depositato un esposto firmato da circa 650 pendolari, faccia presto luce sulla gestione di questo delicato servizio di trasporto pubblico. Ormai, come si rileva dalle numerosissime di lettere di protesta pubblicate in questi giorni da quotidiani e giornali locali, il problema ha assunto dimensioni grottesche". 13 novembre 2003

Coordinamento Comitati Roma Nord

AMNESTY CECENIA: I GIUDICI LONDINESI NO IN RUSSIA AKHMED ZAKAYEV 

Amnesty International ha apprezzato la decisione odierna da parte di una corte di Londra di respingere la richiesta di estradizione dell’inviato ceceno Akhmed Zakayev, presentata dalla Russia. Secondo i giudici della corte di Bow Street, l’appartenenza etnica e le opinioni politiche di Zakayev lo avrebbero posto a rischio di tortura se fosse stato estradato in Russia.

“Il massiccio ricorso ai maltrattamenti e alla tortura, ampiamente documentato da Amnesty International e da altri organismi per i diritti umani, ha dato ampia sostanza ai timori dei giudici londinesi per l’incolumità fisica di Zakayev, in caso di estradizione in Russia” – ha dichiarato Amnesty International. “La tortura e i maltrattamenti nelle stazioni di polizia e le intimidazioni nei confronti dei ceceni sono una pratica comune. In quanto rappresentante del leader ceceno Aslan Maskhadov, Zakayev sarebbe stato particolarmente a rischio di tortura”.

Akhmed Zakayev era stato arrestato a Copenaghen il 30 ottobre 2002 mentre stava prendendo parte al Congresso mondiale ceceno. Questo incontro, programmato con molto anticipo, si era svolto all’indomani del tragico episodio del sequestro di centinaia di ostaggi in un teatro di Mosca. Amnesty International aveva accolto positivamente la decisione del ministro della Giustizia della Danimarca di rifiutare, per mancanza di prove, la richiesta di estradizione presentata dalla Russia. Zakayev era stato nuovamente arrestato a Londra, il 5 dicembre, e rilasciato su cauzione. Da allora, Amnesty International aveva chiesto alle autorità giudiziarie del Regno Unito di non concedere l’estradizione, a causa del timore che Zakayev potesse essere sottoposto a maltrattamenti e torture.

Nel corso delle udienze londinesi, esperti e testimoni chiamati dalla difesa di Zakayev hanno fornito le prove della dimensione del fenomeno della tortura nei centri di detenzione preventiva e nelle prigioni della Federazione Russa. Un testimone, Duk Vakha Doshuyev, ha denunciato di essere stato torturato affinché fornisse elementi a sostegno della richiesta di estradizione di Zakayev. Amnesty International chiede l’apertura di un’inchiesta indipendente su questo episodio. Roma, 13 novembre 2003


- Nassirya 12 novembre 2003 - 

Perchè non succeda mai più.
Firma la petizione per il ritiro immediato
dei militari italiani dall'Iraq


http://www.tavoloiraq.org/petizione.asp

Pax Christi: La violenza produce una violenza più efferata 

In questo momento di dolore e di angoscia più che per le parole c'è spazio per le lacrime. La sezione italiana di Pax Christi - movimento cattolico internazionale per la pace - esprime vicinanza con la preghiera solidale ai parenti delle vittime di un attentato terroristico che, come ogni atto di violenza, non può ricevere mai nessun tipo di attenuante, di giustificazione e tanto meno di approvazione. Le povere vite che aggiungono i loro nomi alle troppe vittime che questa guerra ha già mietuto, dimostrano dolorosamente ancora una volta che la violenza produce soltanto una violenza più efferata anche quando ci viene presentata come la via inevitabile per la soluzione delle crisi internazionali.

Proprio in queste stesse ore don Fabio Corazzina e don Renato Sacco del Consiglio Nazionale di Pax Christi ripartono per l'Iraq per testimoniare la vicinanza del movimento alla popolazione irachena e per partecipare all'Ordinazione Episcopale di Mons. Louis Sako nuovo vescovo di Kirkuk. Con loro vorremo conoscere da vicino i sentimenti e i bisogni più urgenti della gente che abita il vasto territorio iracheno e promuovere un progetto di scambi e di conoscenza verso una migliore comprensione reciproca. D'altra parte è questa la presenza che abbiamo sempre incoraggiato esprimendo al contempo condanna per ogni soluzione e presenza armata e ogni ricorso alla violenza.

Preparandoci a celebrare la Giornata Mondiale della Pace, insieme a Giovanni Paolo II è nostra ferma intenzione ribadire il valore della nonviolenza contenuto anche nel tema che ci viene proposto: Il diritto internazionale, una via per la pace. Piangendo la morte di tanti giovani auspichiamo che ciascuno faccia il proposito in questa ora solenne di ritornare a rafforzare gli strumenti del diritto internazionale. 12 novembre 2003

Pax Christi Italia
Tonio Dell'Olio

www.paxchristi.it

mercoledì, novembre 12, 2003

Militari italiani uccisi in Iraq. Il dolore e la riflessione di Emergency 

In Iraq sono stati assassinati militari italiani. Per la condivisa appartenenza a uno stesso paese, il fatto ci colpisce molto più da vicino di altri fatti identici. Ma ogni volta che un essere umano muore per volontà, per decisione e ad opera di un altro essere umano ci assale lo sgomento che si prova di fronte all’assurdo. «La guerra è questo», si dirà. Ed è vero. Ma questa constatazione non può essere un motivo di rassegnazione. «La guerra è questo» significa che quando si decide di fare una guerra o parteciparvi si preparano il crimine e la morte. Non una morte inevitabile, che è offesa e sfida per ogni essere umano, ma una morte che per alcuni ha il sapore di un successo, di un obiettivo perseguito e raggiunto. Non ci sarebbe rispetto né umanità nel ridurre l’esistenza stroncata di persone, il dolore dei loro congiunti, il dolore di tutti, ad argomento di una parte in una contrapposizione. Lo stretto contatto con il limite estremo che la morte, la sofferenza e la disperazione costituiscono può e deve provocare la riflessione di tutti, non la polemica di alcuni. Nessuno può ridurre questo avvenimento a dimostrazione di una tesi. Sarebbe insensato sentirlo come la prova di avere o avere avuto ragione. Dobbiamo tutti prendere atto che si è al di fuori della ragione, quando i rapporti tra esseri umani si esercitano con la forza, con le armi, con l’uccisione. La guerra è questo: è morte e dolore evitabili e voluti, un’assurda disumanità non commisurabile con nessuna difficoltà, con nessun problema. 12 Novembre 2003

EMERGENCY
Medici di guerra Inviati di Pace

CIPSI: TRAGEDIA IN IRAQ 

"Siamo sempre stati contrari a mescolare cooperazione e solidarietà internazionali con eserciti e istituzioni militari."

LA COOPERAZIONE COME PREVENZIONE E LE RESPONSABILITA' DEL GOVERNO ITALIANO.

Non vogliamo essere foglie di fico che coprono altri interessi"

Rosario Lembo, Presidente del CIPSI (federazione di 33 ONG di cooperazione internazionale) ha dichiarato: "La cooperazione e la solidarietà internazionale sono gli unici strumenti di prevenzione del terrorismo e di lotta alla povertà. La tragedia che ha colpito i militari italiani presenti in Iraq purtroppo non ci meraviglia. Siamo stati contrari alla guerra, così come non abbiamo mai accettato che si contrabbandasse una missione militare al fianco delle truppe che avevano fatto la guerra come missione di pace. Da sempre abbiamo espresso il nostro dissenso nei confronti delle cosiddette guerre umanitarie. Siamo sempre stati contrari a mescolare cooperazione e solidarietà internazionali con eserciti e istituzioni militari. Abbiamo sempre preso le distanze da chi, anche in buona fede, ritiene che gli eserciti possano svolgere in situazioni particolarmente drammatiche il compito di protezione e di difesa delle organizzazioni umanitarie. E siamo stati contrari in queste situazioni alla partecipazione al seguito degli eserciti da parte delle ONG italiane e internazionali.

I militari italiani erano e sono in Irak, a fianco delle truppe americane e inglesi, mandati dal governo italiano. La responsabilità di questo eccidio non va certa ascritta né a loro né ai comandi militari che li hanno inviati, ma al governo italiano che ha voluto, anche contro i dettami costituzionali, partire per un’avventura, inutile da una parte e pericolosa dall’altra. Questo anche prima che una risoluzione rattoppata e non chiara del Consiglio di Sicurezza desse alla nostra presenza una minima parvenza di legalità internazionale. Proprio per questo, mentre esprimiamo tutta la nostra solidarietà ai militari che, per obbedienza, sono in Irak e tutto il nostro cordoglio alle famiglie delle vittime, continuiamo a chiedere il loro ritiro.

Le cosiddette operazioni di Peace keeping, spesso di pace portano solo il nome. Violenza e solidarietà, armi e cooperazione non possono andare d’accordo tra di loro. Continuiamo a credere che la cooperazione basti a se stessa e non abbia bisogno di altri appoggi, che non siano quelli della solidarietà, della lotta alla povertà, del reciproco rispetto. Sappiamo bene che ciò significa anche accettare dei rischi. Quando i nostri militari sono partiti per l’Irak, il governo ha giustificato questo invio affermando che essi andavano per creare le condizioni di sicurezza alle organizzazioni umanitarie impegnate nella ricostruzione. Per parte nostra, anche di fronte alle bare di questi italiani caduti in una missione sbagliata e inutile, vogliamo denunciare tutte le operazioni che tendono ad utilizzare le organizzazioni di solidarietà come foglia di fico per coprire altri, seppur legittimi interessi".

CIPSI
Coordinamento di Iniziative Popolari di Solidarietà Internazionale
Nicola Perrone

Partito Umanista: Militari italiani uccisi in Iraq.  

PERCHÉ?


Sì certo, il dolore è il sentimento che in queste ore prevale su ogni altra considerazione. Alle centinaia di uomini americani morti in Iraq oggi si aggiungono anche uomini italiani. Uomini, esseri umani, che hanno indossato un'uniforme; un'uniforme per la quale ha perso la vita. Missione umanitaria, missione di pace: ecco le parole a cui si aggrappano tutti coloro che mesi fa hanno salutato entusiasticamente la partenza dei soldati italiani per l'Iraq. Persino in questi momenti dobbiamo ascoltare tante menzogne? Chi lo spiega alle mogli e ai figli di questi soldati che il loro marito, che il loro padre è morto non perché Saddam aveva armi di distruzione di massa, ma perché il presidente degli Stati Uniti doveva assicurare nuovi profitti alle lobbies che lo hanno politicamente sostenuto? Chi lo spiega ai genitori di questi soldati che il loro figlio è morto perché qualcuno in Italia ha gridato ai quattro venti "siamo tutti americani!"? Chi lo spiega agli amici di questi soldati che il loro amico è morto perché alcuni pazzi, sordi e ciechi, non hanno voluto ascoltare la voce di decine di milioni di persone che sono scese in piazza in tutto il mondo gridando il loro dissenso contro questa assurda guerra?

BASTA!

Il treno di Bush, di Blair e di Berlusconi è arrivato al capolinea. I morti sotto le rotaie di questo treno sono diventati troppi.

FERMIAMOLI!

Carlo Olivieri
Segreteria Stampa Nazionale

PEACELINK PERCHE' CHIEDIAMO IL RITIRO DEI MILITARI ITALIANI 

Dopo il gravissimo attentato ai militari italiani in Iraq ecco qualche
valutazione di massima.


1) OCCUPAZIONE. Per quanto i militari italiani abbiano tentato di svolgere un'azione dal profilo umanitaro, essa era - come è noto - collocata nel
mezzo di una occupazione militare Usa a seguito di una guerra illegale e condannata da gran parte dell'opinione pubblica mondiale e nazionale.

2) RISCHI. Il movimento per la pace ha lottato fino all'ultimo per
scongiurare l'intervento armato in Iraq. Non abbiamo condiviso l'intervento
italiano dopo l'occupazione. E non solo perché ritenevamemo profondamente
sbagliata la guerra ma anche perché eravamo consapevoli degli enormi rischi
a cui venivano esposti i militari italiani. I rischi della missione militare italiana era talmente alti che nazioni come la Francia o la Germania non avevano mandato neanche un militare.

3) FAMILIARI. Ci batteremo per il loro ritiro dando voce e sostegno alle legittime preoccupazioni delle loro famiglie.

4) PARLAMENTARI. I parlamentari favorevoli a prolungare questo tipo di missione militare italiana diano prova di coerenza costituendo una
delegazione permanente presso i corpi militari in prima linea e andando a staffetta in Iraq a verificare i livelli di sicurezza.

5) EROISMO. Il giorno 24 settembre 2003 sul sito di PeaceLink avevamo pubblicato un editoriale in cui scrivevamo: "Martino riformato, Bossi
esonerato, Berlusconi congedato dopo il Car. Alcune informazioni sulla carriera militare di chi vuole mantenere i soldati italiani in Iraq a rischio della loro vita". Riportavamo informazioni tratte dal Corriere della Sera (del 7/11/2001). Che cosa diceva il Corriere? Il ministro della Difesa Antonio Martino a suo tempo non ha fatto il militare: fu riformato per "ridotte attitudini militari". Il presidente del Consiglio Silvio
Berlusconi ha fatto solo pochi giorni di Car (Centro addestramento reclute)
e poi è ritornato a casa: non ha avuto neanche il tempo per scattarsi una
foto col fucile in mano da inserire nella sua biografia illustrata, quella distribuita a tutti gli italiani per le elezioni. Il ministro Umberto Bossi invece era "nipote di inabile" e ha saputo sfruttare una vecchia leggina. Queste informazioni parlano da sole e sono un eloquente commento circa la buona fede di ogni appello all'eroismo che dovesse provenire dai suddetti esponenti di governo al fine di mantenere in Iraq i militari italiani.

6) ONU. Occorre che l'Onu - anche su spinta dell'Europa - approvi una risoluzione che sancisca la fine dell'illegittima occupazione militare Usa
e il pieno passaggio in tempi rapidi della sovranità nelle mani del popolo iracheno, coadiuvati da caschi blu che non appartengano ad alcuna nazione che abbia partecipato all'attuale guerra.

7) TERRORISMO. Questa è forse l'unica strada ragionevole e realistica da percorrere per contenere il terrorismo, isolarlo all'interno della stessa
società irachena e costruire una prospettiva nuova per la regione.

8) INCATTIVIMENTO. Insistere ancora nell'occupazione Usa è catastrofico. Il ritiro dei militari italiani costituirebbe una forte spinta anche al
disimpegno Usa. Eviteremo sia ai soldati americani sia ai civili iracheni nuove sofferenze. Al contrario si assisterà ad un inutile incattivimento in questa guerra che gli Usa hanno ormai perso.

Alessandro Marescotti - PeaceLink
www.peacelink.org

LILA: un appello al Consiglio dei Ministri 

Torino, 11 novembre 2003 - Lila interviene in merito alla proposta di legge che Gianfranco Fini presenterà domani al Consiglio dei Ministri sull'uso e lo spaccio di sostanze stupefacenti: più rispetto per il lavoro di chi da anni lotta contro la droga, allineamento con le politiche internazionali, proposte concrete e non demagogico-repressive.

L'on. Fini presenterà domani al Consiglio dei Ministri un nuovo disegno di
legge sul consumo di stupefacenti. Da quanto annunciato in quest'ultimo
anno il disegno di legge sembra non prendere in considerazione tutto ciò
che da anni i servizi pubblici dedicati, gli operatori qualificati e le
associazioni di settore hanno concretamente ed efficacemente fatto per
combattere la lotta contro la droga, procedendo con le stesse modalità
usate scientificamente a livello internazionale.

Al Consiglio dei Ministri chiediamo quindi di tener presente che:

La criminalizzazione e l'avviamento coatto verso programmi drugs free sono
inutili, poiché ogni uscita dalle dipendenze, ed ogni comportamento che
attiene alla sfera personale dell'individuo, ha bisogno della libera e
consapevole scelta, quella motivazione che non può essere imposta per
decreto.

Eliminare la distinzione tra droghe diverse, e dai differenti effetti e
conseguenze sulla salute, è un'operazione demagogica che non tiene conto
delle evidenze scientifiche e della realtà del fenomeno.

Criminalizzare il consumo è un'operazione pericolosa in quanto contraddice
le evidenze delle scienze sociali e delle consolidate esperienze
internazionali sulla proibizione come fattore di allontanamento dalla
consapevole modifica dei comportamenti, di produzione di emarginazione
sociale, di spinta alla microcriminalità, di attrazione dei consumatori nel
circuito carcerario.

Ancorare la politica all'obiettivo unico dell'astinenza e dell'abbandono
del consumo è un'operazione cieca: anni di politiche proibizionistiche non
sono servite a sconfiggere la produzione e il traffico di sostanze, che
anzi ha prosperato rendendo le sostanze illegali ma liberamente reperibili
sul mercato gestito dalle associazioni criminali; né hanno avuto l'effetto
di eliminare il consumo, tanto meno di prevenire e contrastare la
trasmissione dell'Hiv.

Il principio della "dose media giornaliera" - in questo caso oltretutto in
forma più punitiva - è già stato bocciato clamorosamente dal referendum
sulla depenalizzazione dell'uso votato nel 1993: non interessa al Governo
la volontà popolare espressa legalmente e in forma esplicita?

Questa legge provocherà solo più morti, più malati, più detenuti.

Al Governo inoltre chiediamo: con quali fondi verrà attuata la lotta alla
droga nel nostro paese dal momento che dall'ultima Finanziaria è evidente
un pesante taglio su tutti i capitoli che hanno a che vedere con la
prevenzione e sul fondo destinato alle strategie di contrasto al mercato e
all'uso della droga?


Anna Lia Guglielmi
Ufficio Stampa Lila Nazionale

IRAQ: TERRE DES HOMMES ITALIA ESPRIME CORDOGLIO ALLE FAMIGLIE DEI MILITARI UCCISI E CHIEDE IL RITIRO DELLE TRUPPE ITALIANE 

Terre des hommes Italia esprime profondo dolore per la morte dei carabinieri e dei soldati italiani uccisi nell'attentato alla base di Nassiriya e condivide la sofferenza delle famiglie.

Terre des hommes Italia ribadisce la necessità di un ritiro immediato delle truppe di occupazione, compreso quelle italiane, impegnate in una vera e propria operazione militare nell'ambito di una guerra illegittima.

Tdh denuncia i rischi che stanno correndo le organizzazioni non governative impegnate nelle missioni umanitarie in favore della popolazione civile irachena, a causa della presenza militare spacciata per umanitaria.

Terre des Hommes Italia chiede il dispiegamento di una forza multinazionale di caschi blu sotto comando ONU, legittimata da una Risoluzione del Consiglio di Sicurezza.

Nonostante i pericoli, Terre des hommes Italia rimarrà nel Paese e continuerà ad aiutare i bambini iracheni, dimostrando che un processo di pace vero è ancora possibile.

Terre des hommes Italia è presente a Baghdad dall'inizio della guerra. Attualmente sta lavorando alla ristrutturazione di un centro di accoglienza e di ricreazione in favore dei bambini lavoratori di strada a Baghdad, e in un progetto di rafforzamento del sistema di ambulatori nel governatorato di Kerbala.

come ha sempre fatto: mantenendo la sua posizione di indipendenza, come
garanzia essenziale della nostra credibilità e qualità della nostra opera>.
Milano, 12 novembre 2003

Raffaele Salinari, presidente Terre des hommes Italia www.tdhitaly.org

NASSIRYA: SOLIDARIETA' ALLE FAMIGLIE DELLE VITTIME RITIRARE LA MISSIONE MILITARE IN IRAQ 

"Il Consorzio Italiano di Solidarietà (ICS) esprime il suo profondo cordoglio alle famiglie dei carabinieri e dei militari italiani morti per il vile attentato terroristico di questa mattina a Nassirya. E' un evento tragico che colpisce degli italiani impegnati nella loro funzione e che - chi è presente con umanitari in Iraq - abbiamo più volte incontrato e da cui abbiamo conosciuto la difficoltà e i pericoli della missione militare in corso" dichiara Giulio Marcon, Presidente di ICS. "La nostra solidarietà umana, la nostra commossa partecipazione al dolore è piena" continua Marcon. "Consegneremo oggi stesso all'Ambasciata italiana in Iraq un messaggior di solidarietà" commenta Ernesto Bafine, Coordinatore in Iraq dei progetti di ICS. "In questo momento così drammatico - ha ancora dichiarato Marcon - abbiamo però il dovere di interrompere la presenza militare italiana, che può essere ulteriormente colpita da altri attentati. Non vogliamo piangere altre vittime per una missione militare sbagliata e inutile, che non porta pace, non ha compiti umanitari ed è vista dalla popolazione irachena come "una forza d'occupazione" e come "nemica". A maggior ragione - dopo questo drammatico attentato e per il rispetto delle vittime - dobbiamo evitare altri inutili sacrifici".

La richiesta di interruzione della missione militare italiana, si accompagna all'appello per moltiplicare gli aiuti umanitari alla popolazione irachena e di rimettere - veramente - la questione della gestione della transizione irachena nelle mani della Nazioni Unite, escludendo la presenza in Iraq di tute quelle forze militari che hanno fatto o sostenuto la guerra e che - come "forze di occupazione" - si ritrovano inevitabilmente bersaglio della violenza e del terrorismo.

ICS conferma la continuazione del lavoro dei propri operatori e dei progetti a Baghdad e Bassora e ribadisce il proprio impegno a continuare la propria azione umanitaria a favore della popolazione irachena. 12.11.2003

ICS - Consorsio Italiano di Solidarietà
ufficio stampa
Catherine Dickehage

IRAQ: CORDOGLIO PER LE VITTIME, IMMEDIATO RITIRO DEL CONTINGENTE  


Il grave attentato che ha colpito il contingente italiano in Iraq era prevedibile, lo temevamo e purtroppo è accaduto. Il nostro primo pensiero va ai famigliari delle vittime italiane ed irachene di questa grande e assurda tragedia a cui facciamo giungere il nostro cordoglio e la nostra solidarietà. Ma la solidarietà non può esimerci dal richiamare quello che abbiamo affermato da sempre: l'invio del contingente militare ha di fatto trasformato il nostro paese in una "potenza occupante". La missione italiana non è una missione di pace, i nostri soldati sono in guerra. Riteniamo irresponsabile e immorale mettere in gioco la vita dei giovani del nostro paese, mandati in Iraq contro la volontà del popolo italiano, a sostegno della guerra di Bush e per permettere al nostro governo di partecipare ai lucrosi contratti della ricostruzione. Oggi più che mai è necessario ritirare immediatamente il contingente italiano prima che altri tragici episodi luttuosi si ripetano. L'Italia deve unirsi ai paesi europei come Francia e Germania che non hanno mandato soldati e stanno adoperandosi per la rstituzione del paese agli iracheni dando pieno mandato all’Onu per gestire la difficile situazione e avviare un reale processo di democratizzazione. Oggi più che mai è necessario che il popolo della pace si mobiliti perché cessi l’occupazione dell’Iraq e venga restituito il paese agli iracheni.
Roma, 12 novembre 2003

Un Ponte per..

martedì, novembre 11, 2003

Campagna italiana sulla responsabilità sociale delle imprese 

Giovedì 13 novembre alle ore 12, presso Cà Farsetti, sede del Comune di Venezia, in collaborazione con il Centro Pace del Comune, si svolgerà la conferenza stampa di presentazione della Campagna "Meno Beneficenza più Diritti" promossa da:

Amnesty International, Coord. Lombardo nord-sud,ROBA dell'altro Mondo, ARCI, CTM/Altromercato, Save the Children Italia, Azione Aiuto, Legambiente, TransFair Italia, Banca Etica, Libera, Unimondo, Cittadinanzattiva, Mani Tese

L’obiettivo della Campagna è di fare in modo che la produzione estera controllata direttamente o indirettamente dalle aziende europee avvenga nel pieno rispetto dei diritti fondamentali della persona e delle comunità locali e garantisca il rispetto e la protezione dell'ambiente. Alla conferenza interministeriale europea di venerdì prossimo, il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Roberto Maroni illustrerà la proposta della Presidenza italiana sul tema. Secondo le informazioni apprese dalla Campagna, ai governi europei verrà proposto di riconoscere come “etiche”, concedendo loro anche sgravi fiscali, le imprese che autocertificano (senza alcun controllo indipendente) di avere comportamenti corretti e che usano una piccola parte del loro profitto per finanziare operazioni di welfare che lo Stato non riesce a realizzare. Le associazioni che sostengono la Campagna intendono sottolineare l’inconsistenza di questo approccio che lega l’etica alla beneficenza anziché al rispetto dei diritti, nonostante sia le risoluzioni del Parlamento Europeo che il recente documento della Sottocommissione delle Nazioni Unite sui diritti umani riconoscano la necessità di un quadro giuridico vincolante per i comportamenti delle imprese in tutto il mondo, di controlli indipendenti e dell’obbligo di rendicontazione sociale.

Le 14 associazioni italiane, che rappresentano circa tre milioni di iscritti, lanciano una petizione al ministro Maroni per chiedere un impegno del governo italiano in sede europea per:

· definire un codice di condotta europeo
· introdurre una base giuridica vincolante per la disciplina delle attività delle imprese europee all’estero
· introdurre l’obbligo della presentazione di un bilancio socio-ambientale accanto a quello finanziario
· attivare incentivi fiscali e finanziamenti per le imprese che possono dimostrare il raggiungimento di adeguati standard
· introdurre parametri etici e ambientali vincolanti per le imprese che operano per conto degli Stati e dell’Unione Europea.

L’appello può essere sottoscritto sul sito della campagna www.piudiritti.it.

Alla conferenza stampa parteciperanno:
· Paolo Cacciari, assessore del Comune di Venezia;
· Walter Cerfeda, segretario confederale della Confederazione Europea dei Sindacati;
· Umberto Musumeci, responsabile Diritti economici e sociali di Amnesty International;
· Sabina Siniscalchi, direttrice della Fondazione Culturale Banca Etica

SIT-IN DAVANTI AL MINISTERO DELL'ISTRUZIONE  

Viale Trastevere
GIOVEDI 13 NOVEMBRE ORE 12

Alla stessa ora si riunisce la conferenza Stato Regione convocata dal Ministro Moratti per le consultazioni sul decreto Attuativo relativo alla riforma della scuola dell'Infanzia e delle elementari che prevede: L'abolizione del tempo pieno per le scuole elementari e del tempo prolungato per le scuole medie. VI PREGO DI PARTECIPARE NUMEROSI saranno presenti parlamentari, esponenti politici e del sindacato, rappresentanti della società civile nonchè genitori ed insegnanti. Un caro saluto Mimma Alfonzo Miani

COORDINAMENTO IN DIFESA DELLA SCUOLA PUBBLICA: Coord.Nazionale in difesa del tempo pieno; Coord. genitori democratici nazionale;Centro Iniziativa democratica Insegnanti; Gruppo Territoriale di Roma Nidi ed Infanzia; CGIL scuola di Roma e Lazio; CGIL Camera del Lavoro Roma-Ovest; DS Roma; Verdi Roma; Cobas scuola nazionale;Ass. Aprile per la sinistra Roma; Sinistra Giovanile Roma e Lazio; PdCI/roma; Rifondazione Comunista/roma; Margherita/Roma; Lega Ambiente/Lazio; Municipio Roma XVI; Municipio Roma IV; Comitato per la qualità della scuola dei Municipi Roma XVIII,XIX; UDEUR/roma; Municipio Roma III;UDS/Roma.

Testimoni di violenza 

Bambini vittime di violenza assistita intrafamiliare: i dati di un dramma sommerso


A Firenze dall’11 al 13 dicembre il congresso del Coordinamento Italiano dei Servizi Contro il Maltrattamento e l'Abuso all'Infanzia nel decennale della sua fondazione. Le ricerche, le leggi, i servizi, le nuove forme di intervento e di contrasto.

Firenze, 11 novembre 2003 - Sono migliaia in Italia i bambini che assistono a episodi di violenza in ambito familiare. Gli studi di cui in questi anni si è fatto carico il CISMAI (Coordinamento Italiano dei Servizi Contro il Maltrattamento e l'Abuso all'Infanzia) sono parziali ma sicuramente attendibili e significativi e sono al centro del Congresso nazionale "Bambini che assistono alla violenza domestica", che il CISMAI terrà a Firenze dall’11 al 13 dicembre al Palazzo dei Congressi. Uno di questi studi, realizzato dall’Associazione Artemisia (aderente al CISMAI) nel corso degli anni 1999, 2000 e 2001, ha interessato le donne che si sono rivolte spontaneamente a 29 centri antiviolenza italiani (sui circa 100 centri attivi sul territorio nazionale). Il numero totale di donne è 15.120. Tenendo conto che la media rilevata dei figli per donna è 1.47 si può calcolare che circa 22.226 bambini siano stati vittime di violenza assistita intrafamiliare. Cioè possono aver assistito a maltrattamenti o a violenza sessuale sulla madre, a botte e abusi sessuali sui fratelli, a sevizie e maltrattamenti su animali domestici, a minacce di morte con armi da fuoco o da taglio, a aggressioni con ferimenti gravi, ad omicidi. Importante è anche il fattore tempo. Infatti le donne comprese in questa rilevazione hanno denunciato una media della durata del maltrattamento di 7.63 anni. Le donne che si sono rivolte ai 29 centri antiviolenza negli anni presi in considerazione sono per il 54.58% sposate, per il 67.54% diplomate alla scuola media inferiore o superiore, per l’84.80% di nazionalità italiana, per il 50.27% occupate (tasso di disoccupazione 43.85%). Il 20.80% di esse presenta depressione e disturbi alimentari. Infatti essere vittima di maltrattamento espone a pesanti danni psico-fisici. Per quanto riguarda i maltrattamenti pregressi in età minore dalla stessa ricerca emerge che il 19.07% di queste donne ha subito abuso e/o maltrattamento nell’infanzia. L’autore della violenza è per il 77.54% dei casi il partner (marito, fidanzato, convivente). Più in generale un’altra ricerca sul maltrattamento infantile, condotta dal COSMAI nel 1999 in 7 centri pubblici e privati tramite un questionario agli operatori, rivela altri caratteri del fenomeno: la vittima a rischio è prevalentemente una bambina tra i 6 e i 10 anni (34.2%) e i fratelli sono soprattutto trascurati (21%) e vittime di violenza assistita (11.5%). I responsabili sono prevalentemente i genitori, che nel 21% dei casi prolungano il maltrattamento fino a 4 anni e nel 25% oltre questo tempo. Nel 91% dei casi la violenza avviene in ambiente domestico.

CISMAI | http://www.minori.it/coordinamento | cismai@infinito.it
ARTEMISIA Centro donne contro la violenza Catia Franci di Firenze

lunedì, novembre 10, 2003

Rilascio dei Permessi di soggiorno “In Nome di Dio” il 15 Novembre.. 

Le città dell’accoglienza si mobilitano!

Sono numerose le città che hanno accolto la proposta dei Missionari Comboniani di Castel Volturno di rilasciare il 15 Novembre il Permesso di Soggiorno in Nome di Dio. E’ una lunga lista destinata ad aumentare in questi giorni.

Padre Giorgio Poletti
9 novembre 2003


Tra pressioni e rifiuti di qualche istituzione l’iniziativa prosegue a difesa degli immigrati e specialmente del mondo sommerso degli immigrati “irregolari” facilmente vittima della criminalità organizzata. Il governo favorisce indirettamente l’illegalità costruendo attraverso la legge Bossi-Fini sbarramenti e complicazioni che impediscono la regolarizzazione degli immigrati. In una società come la nostra con radici cristiane e che richiama spesso la sua cattolicità… si pone una domanda: ma Dio da che parte sta? La lettura della Parola di Dio per i cristiani, per coloro che credono fa dire che Dio è dalla parte dei poveri, d’altronde Lui è un povero in suo Figlio Gesù.

Per chi non crede (poi si tratta di vedere che cosa vuol dire, perché molti dei cosiddetti credenti forse non lo sono proprio, mentre al contrario…) c’è un richiamo alla nostra comune umanità, ai diritti fondamentali della persona ad un minimo di vita umana decente. Quindi questa iniziativa dei permessi di soggiorno “in Nome di Dio” trova accomunati in questa azione credenti e non credenti

Il dio dei potenti, delle Istituzioni e delle gerarchie anche ecclesiastiche, il mondo dei privilegi può non trovarsi d’accordo, ma in questa occasione il Nome di Dio viene usato correttamente perché Dio non può abbandonare i suoi figli “nuovi schiavi” nella nostra società. Dio non può abbandonare il suo Figlio anche Lui povero. Dio prende le difese dei suoi figli immigrati, fa causa comune con loro…

Diamo l’elenco delle città e dei referenti che stanno organizzando l’azione del 15 Novembre. Chi è interessato può telefonare e informarsi nella propria città.

Torino, Genova, Milano, Varese, Padova, Venezia, Bologna, Ferrara, Parma, Pesaro, Firenze, Pistoia, Roma, Napoli, Avellino, Salerno, Palermo, Messina, Agrigento, Missionari Comboniani Castel Volturno.

NOTA AI LETTORI DEL BLOG: per chi desiderasse mettersi in contatto con gli organizzatori può scrivere qui.

Vedi anche:
FinestraSud: Il rilascio dei permessi di soggiorno “in Nome di Dio” www.peacelink.it

L'Eau : bras de fer entre les collectivités territoriales et les multinationales  

Le Centre de formation des élus, l'Association pour le Contrat Mondial de l'Eau et l'Association Nationale des Elus Communistes et Républicains organisent : petit déjeuner-échange d'expériences Mercredi 12 novembre de 8h à 10h30, à l'Hôtel pour un Nouveau Monde (Novotel de Bagnolet) - David Fourcade : 01.48.51.78.78
L'Eau : bras de fer entre les collectivités territoriales et les multinationales (CGE/Lyonnaise, Bouygues)
Service public ou Monopole privé : un enjeu pour la facture des usagers,
un enjeu pour l'assainissement des finances des collectivités,
un enjeu pour l'environnement et la démocratie.
Avec la participation de :
Danièle Mitterrand, présidente honoraire de l'ACME, Riccardo Petrella, secrétaire du comité international pour le contrat mondial de l'eau, Jean Luc Touly, président de l'ACME, Jacques Perreux, Conseil général du Val-de-Marne, Jean-Jacques Guérin, maire adjoint de Poitiers en charge de l'eau et un secrétaire général des services d'une grande agglomération.

Attentato al Corriere di Viterbo 

La Federazione Nazionale della Stampa Italiana e l’Associazione Stampa Romana comunicano: “La Fnsi e l’Asr denunciano il vile attentato contro la redazione del Corriere di Viterbo. Solo per un caso fortunato il pacco bomba che era stato recapitato al quotidiano viterbese non è esploso provocando danni seri ai colleghi e all’immobile. Il sindacato dei giornalisti nell’esprimere la solidarietà ai colleghi del Corriere di Viterbo invita il ministro dell’Interno e le forze dell’ordine a vigilare attentamente contro la violenza terroristica che tenta di mettere a repentaglio la legalità democratica e la libertà di informazione”. Prot. 215. Roma, 10 novembre 2003.

APPELLO PER IL TRASFERIMENTO DI ABDULLAH OCALAN E PER UNA CARCERAZIONE CHE RISPETTI I DIRITTI UMANI 

Il 15 febbraio 1999 Abdullah Öcalan fu condotto in Turchia dal Kenia in violazione di ogni legge internazionale. La Turchia è stata per questo condannata, recentemente, dalla Corte di Strasburgo per i Diritti Umani. Ed è stata condannata per le condizioni del successivo processo a Öcalan, non eque e lesive dei diritti della difesa. Da allora Öcalan è detenuto in condizioni di durissimo isolamento nell’isola di Imrali. E’ l’unico prigioniero dell’isola, non può scrivere, non ha un televisore, può ascoltare solo un canale radiofonico, dai giornali gli vengono tagliate le notizie politiche, la posta gli viene quasi sempre sequestrata, può ricevere solo i suoi avvocati e i parenti più stretti e spesso neanche loro. La sua salute è stata gravemente danneggiata da queste condizioni: l’asma si è aggravata ed ha frequenti crisi parossistiche notturne. Non può tuttavia essere visitato da medici indipendenti o da specialisti, solo dal medico militare del carcere.

Il Comitato per la Prevenzione della Tortura del Consiglio d’Europa ha definito le condizioni dell’incarceramento di Öcalan immotivate, degradanti, disumane e di vera e propria tortura. Anche su questo quindi la Turchia viola norme internazionali da essa stessa sottoscritte. Questo Comitato inoltre ha sollecitato la Turchia a sospendere l’isolamento di Öcalan. Quest’appello a tutt’oggi è stato ignorato dai Governi turchi. Di fronte alle richieste di sospensione dell’isolamento e di trasferimento di Öcalan da parte di alcuni parlamentari turchi del partito islamico di governo il Ministro della Giustizia Cicek ha recentemente dichiarato che ci sono in Turchia cose molto più importanti di cui occuparsi.

A parte delle richieste di parlamentari europei di visitare Öcalan il Governo della Turchia non ha neppure risposto; ad altri ha risposto che la questione non è di sua competenza bensì del Comitato per la Sicurezza Nazionale. Perciò, in sostanza, dei militari.

E’ quindi in atto, con la complicità dello stesso Governo attuale della Turchia, un tentativo spietato di uccisione tramite tortura di Öcalan. L’abolizione della condanna a morte, recentemente approvata dal Parlamento turco, per la sollecitazione dell’Unione Europea, è in realtà una delle tante prese in giro dell’Unione Europea da parte dei Governi turchi di questi anni.

La Turchia preme da tempo sull’Unione Europea perché si aprano trattative finalizzate al suo ingresso. Naturalmente è una richiesta in sé legittima. La condizione di quest’apertura dev’essere però chiara: la democratizzazione reale della Turchia, il pieno rispetto in essa dei diritti umani, la pacificazione interna su basi civili, il pieno rispetto dei diritti della minoranza curda. Il trattamento di Öcalan rappresenta quindi una delle cartine di tornasole per la definizione dell’esistenza o meno delle condizioni minime per l’apertura delle trattative.

Per questo oggi ci uniamo all’appello di Amnesty International e chiediamo al Governo della Turchia il trasferimento di Abdullah Öcalan ad altro carcere, ponendo così fine al regime di isolamento e di tortura al quale egli è sottoposto e consentendogli adeguate cure mediche e di essere liberamente visitato da osservatori turchi e da osservatori internazionali.

Quest’appello è già stato firmato da numerose personalità, da José Saramago a Noam Chomsky.

Chiediamo inoltre pressantemente che una delegazione internazionale di giuristi, di medici e di osservatori del Comitato per la Prevezione della Tortura del Consiglio d’Europa possa recarsi rapidamente a Imrali per accertarvi le condizioni di salute di Öcalan.

Chiediamo infine pressantemente al Governo italiano di attivarsi per questi obiettivi, anche per il debito che l’Italia ha nei confronti di Öcalan, non avendo saputo resistere alle pressioni di Turchia e Stati Uniti perché Öcalan fosse allontanato, nonostante il Tribunale di Roma si stesse apprestando a concedere a Öcalan il diritto di asilo.

POTETE INVIARE LA VOSTRA ADESIONE, CON NOME COGNOME, PROFESSIONE E INDIRIZZO A: puntorosso@puntorosso.it


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domenica, novembre 09, 2003

URIHI su Atlantide TV 

Cari amici,

a partire dal 10 novembre su Atlantide TV ­ in onda ogni giorno, su Planet alle ore 19:00 (in replica alle 01:00 - 04:30 - 14:00) - URIHI presenta tutti i lunedì "Altri mondi": una selezione di documentari, servizi, reportage, realizzati negli ultimi anni nei vari continenti. Nella prima puntata: Da Porto Alegre a Firenze, ­ un viaggio attraverso i Forum Sociali che hanno caratterizzato l'anno 2002, alla vigilia dell'apertura del FSE di Parigi. Seguiranno: Amazzonia!; Voci e volti di guerre dimenticate; Bambini; Acqua; Matrimoni misti; Parigi, attraverso un percorso ideale che unisce la nostra realtà a quella degli "Altri mondi" ignorati o emarginati dall'informazione ufficiale.

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