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venerdì, novembre 14, 2003

Meno beneficenza, più diritti 


Campagna italiana sulla responsabilità sociale delle imprese



LA PROPOSTA DEL GOVERNO ITALIANO SULLA RESPONSABILITÀ SOCIALE DELLE IMPRESE: UN’ALTRA OCCASIONE PERSA, SECONDO LA CAMPAGNA “MENO BENEFICIENZA, PIÙ DIRITTI”

La proposta illustrata oggi dal governo italiano sulla responsabilità sociale delle imprese presenta numerosi elementi di incertezza e configura meccanismi decisionali che la rendono largamente inaccettabile. È quanto afferma la Campagna “Meno beneficenza, più diritti”, promossa da 14 associazioni italiane, in rappresentanza di circa tre milioni di iscritti.

Nella proposta del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Roberto Maroni, viene considerato come quadro di riferimento il Libro Verde della Commissione Europea, trascurando volutamente le numerose prese di posizione del Parlamento Europeo e le recenti Norme delle Nazioni Unite sulla responsabilità delle imprese nei confronti dei diritti umani. La Campagna “Meno beneficenza, più diritti” ribadisce a questo proposito che la responsabilità sociale consiste nell’assunzione, da parte delle imprese, di tutte le conseguenze della propria attività sia sul piano economico che su quello ambientale e sociale, lungo l’intera catena di creazione del valore, tanto nel loro paese quanto all’estero.

Il Progetto italiano, al contrario, limita il concetto di responsabilità sociale delle imprese ai ristretti confini nazionali, escludendo centinaia di milioni di persone e intere grandi comunità che lavorano per imprese italiane ed europee e che spesso subiscono gravi abusi dei loro diritti, in favore di una visione miope e utilitaristica, in cui la beneficenza viene confusa con la responsabilità e dove la sola convenienza economica sembra essere la molla che dovrebbe spingere le imprese ad assumere comportamenti meno discutibili.

Il documento presentato questa mattina sottolinea, a pagina 34, come il Progetto sia frutto “di un’ampia riflessione avviata all’inizio del 2002” e si proponga “di avviare un nuovo confronto esteso a tutti gli stakeholder interessati a livello nazionale ed europeo”. La Campagna “Meno beneficenza, più diritti” osserva che la “ampia riflessione” di cui parla il governo ha completamente trascurato la consultazione di associazioni, enti e anche gruppi di imprese, che avrebbero potuto dare un importante contributo all’elaborazione del Progetto. Dopo aver rifiutato questo confronto, sembra quanto meno paradossale che venga ora presentato un Progetto definito nei minimi termini e su questo si auspichi un confronto, che è stato negato nella prima e più importante fase.

L’autocertificazione effettuata dalle imprese attraverso un “Social statement”, viene affidata secondo la proposta governativa a un “CSR Forum” di cui non è specificata la composizione; contemporaneamente, viene comunicata l’avvenuta sottoscrizione di un “protocollo d’intesa” con Unioncamere, “per la collaborazione in materia di promozione della CSR (ad esempio per le funzioni di raccolta dei Social statement, per l’attività di supporto e monitoraggio delle imprese)”. Di fatto, quindi, funzioni importanti di analisi e verifica vengono affidate a organismi che non possono essere definiti neutrali.

Con questo Progetto, le aziende (tramite la cosiddetta “seconda fase”) vengono anche invitate a effettuare dei contributi allo Stato, poiché essi di fatto sono gestiti tramite “un Fondo SC nell’ambito del Bilancio statale” a supporto di “priorità di intervento sociale” contenute nel Piano di Azione Nazionale e individuate dalla Conferenza Unificata – aggiungendo anche “…e dalle Organizzazioni Non Governative”, ciò che pare alla Campagna “Meno beneficenza, più diritti” un contentino di poco conto.

Il Progetto fa anche riferimento a una serie di parametri, i “Social Performance Indicators”, elaborati dall’Università Bocconi su un campione di sole 15 aziende, i quali sembrano costituire un ennesimo sistema di riferimenti che ignora – anche se non contrasta – i sistemi già esistenti, come i parametri del Parlamento Europeo e le Norme delle Nazioni Unite già richiamate (SA 8000, AA 1000, GRI): aggiungere parametri a parametri non farà altro che accrescere la confusione di imprese e consumatori in un panorama già fortemente inquinato da interpretazioni volontaristiche di comodo.

La Campagna “Meno beneficenza, più diritti” esprime ancora forti perplessità sul ruolo che il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali intende attribuire a non meglio identificati “soggetti autorizzati a gestire i progetti nel sociale”, soggetti di cui non si conoscono le attribuzioni e i reali poteri, così come sulla “destinazione del TFR nei Fondi pensione, tra i quali quelli etici”. Chi deciderà quali Fondi sono veramente “etici”?

Infine, la Campagna “Meno beneficenza, più diritti” valuta positivamente il richiamo all’etichettatura sociale del Commercio equo e solidale, menzionato tra gli indicatori sociali, anche se sottolinea che esso viene associato ai soli criteri di “qualità, impatto ambientale e sicurezza dei prodotti”, escludendo quindi il forte contenuto solidaristico e di responsabilità sociale che ha caratterizzato il Commercio equo e solidale sin dalla propria nascita.

La Campagna “Meno beneficenza, più diritti” esprime in conclusione la forte insoddisfazione delle associazioni che la compongono, per un’occasione che l’Italia ha perso per dare un contributo allo sviluppo in senso migliorativo della discussione in corso sul tema della responsabilità sociale delle imprese nel nostro paese, in Europa e nel mondo. Roma, 14 novembre 2003 Fonte Ufficio Stampa Amnesty International

La campagna “Meno beneficenza più diritti” è composta da:

Amnesty International - Coord. Lombardo nord-sud - ROBA dell'altro Mondo - ARCI - CTM/Altromercato - Save the Children Italia - Azione Aiuto - Legambiente - TransFair Italia - Banca Etica - Libera - Unimondo - Cittadinanzattiva - Mani Tese.

Le 14 associazioni chiedono un impegno del governo italiano in sede europea per:

· definire un codice di condotta europeo
· introdurre una base giuridica vincolante per la disciplina delle attività delle imprese europee all’estero
· introdurre l’obbligo della presentazione di un bilancio socio-ambientale accanto a quello finanziario
· attivare incentivi fiscali e finanziamenti per le imprese che possono dimostrare il raggiungimento di adeguati standard
· introdurre parametri etici e ambientali vincolanti per le imprese che operano per conto degli Stati e dell’Unione Europea.

La Campagna “Meno beneficenza, più diritti” è on line su www.piudiritti.it.




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