sabato, dicembre 20, 2003
APPELLO PER LA VERA UNITA' DELL'ULIVO
La domanda più forte e insieme più costante rivolta in questi tempi dagli elettori di centrosinistra alla coalizione dell'Ulivo è una domanda di unità, di concordia fondata sulla chiarezza. Riteniamo che a questa matura richiesta occorra rispondere non già con iniziative oligarchiche di corto respiro, né con proposte come quella di un partito riformista moderato che dividono l'ulivo a destra e a sinistra, ma attraverso un processo di fondo, capace di coinvolgere davvero tutta la società italiana.
L'unità si costruisce dal basso e dall'alto tramite un chiaro impegno programmatico che faccia capire ai cittadini su che cosa ci si divide e su cosa ci si distingue, al di fuori di ogni preclusione preconcetta. I sottoscritti, superando le false partenze delle proposte parziali e limitate di questi ultimi mesi, propongono di rilanciare l'idea iniziale di Prodi di una lista unica, ripartendo dall'unità di tutto l'Ulivo, con l'apertura di una nuova fase politico-programmatica costituente dell'alleanza, di cui anche movimenti, associazioni, organismi autonomi della società civile possano sentirsi protagonisti, e dove possano incontrarsi e maturare insieme - invece che annullarsi - le diverse culture e identità storiche e politiche del nostro paese.
La costituente è l'unica prospettiva che ci permette di superare i limiti concorrenziali e autodistruttivi che sono stati propri della dannosa confusione e giustapposizione di politiche di centro e di sinistra. La forza ideale e morale dell'Ulivo è consistita nella speranza, coltivata da milioni di cittadini, di aprire una feconda contaminazione ideale e politica tra le principali correnti del riformismo italiano. Tale speranza è stata purtroppo contraddetta da una serie di errori che hanno ristretto l'idea ulivista.
Solo un autentico processo costituente può trasformare l'attuale alleanza elettorale in un soggetto politico di coalizione, aperto a tutti i cittadini che si impegnano per una alternativa di centrosinistra. Per superare l'attuale crisi di credibilità in cui versa la politica nel nostro paese occorre affrontare in modo contestuale i programmi, le regole e le forme dell'unità politica, occorre aprirsi al paese, ascoltare e interpretare le nuove culture che vanno formandosi all'interno del movimento ambientalista e pacifista che sta riportando le nuove generazioni sulla scena della politica planetaria.
Compito del momento è quello di estendere il radicamento dell'Ulivo nella società e di allargare, e non già di restringere, l'arco di forze che si riconoscono nel progetto cui rapportarsi nell'opposizione al governo di centro-destra, e che si impegnano a porre le basi credibili di un governo di centrosinistra. Occorre altresì comprendere le trasformazioni radicali della società italiana e europea e confrontarsi con le domande di innovazione politica e istituzionale che esprimono nuovi ceti produttivi e nuove professioni, al di là di ogni logica corporativa. A tal fine occorre dare finalmente una rappresentanza unitaria a quegli elettori che hanno premiato l'Ulivo al di là della somma dei partiti.
Con questo spirito i sottoscritti s' impegnano per una lista unitaria dell'Ulivo, aperta ad un accordo politico-programmatico con tutte le opposizioni (da Rifondazione comunista a Di Pietro), e che si proponga di dare voce a tutti i cittadini, anche a coloro che non si ritrovano nelle attuali componenti del centrosinistra, che non sono iscritti ai partiti o agiscono in altre forze, in associazioni, in gruppi volontari, oppure operano come singoli, ispirandosi ai programmi ulivisti.
Per tutti questi motivi, i sottoscritti dicono di sì all'unità ma nella chiarezza, propongono che si riparta dall'idea della lista unitaria dell'Ulivo e che si convochino tutti i soggetti della società civile e dei partiti al fine di avviare, attorno ad alcune grandi idee forza di un Progetto alternativo alla destra, un autentico processo costituente.
Chiara Acciarini, Andrea Amato, Marina Astrologo, Fabio Baratella, Enzo Barlocco, Sandro Battisti, Tino Bedin, Giovanni Berlinguer, Giovanni Bianchi, Vittorio Boarini, Maro Bollesan, Daria Bonfietti, Silvia Bonucci, Massimo Cacciari,Valerio Calzolaio, Carla Cantone, Gianni Castellan, Giulietto Chiesa, Vittorio Cimiotta, Luigi Colajanni, Vincenzo Consolo, Fiorello Cortiana, Maurizio De Luca, Olga D'Antona, Tana de Zulueta, Piera Degli Esposti, Antonio Di Pietro, Titti Di Salvo, Federico Enriquez, Antonello Falomi, Guido Fanti, Claudio Fava, Eduardo Ferrario, Dario Fo, Alfredo Galasso, Luciano Gallino, Massimo Ghini, Marco Tullio Giordana, Andrea Giordana, Nicola Giordano (Giovani per l'Ulivo), Gino Giugni, Giuliano Giuliani, Laura Grassi, Giovanna Grignaffini, Monica Guerritore, Marziano Guglielminetti, Nuccio Iovene, Antonio La Forgia, Mario Lettieri, Giovanni Lolli, Miriam Mafai, Dacia Maraini, Luca Marcora, Luigi Mariocci, Giacomo Marramao, Francesco Martone, Gianfranco Mascia, Roberto Mastroianni, Giovanna Melandri, Marina Minicuci, Pasqualina Napoletano, Paolo Nerozzi, Achille Occhetto, Achille Passoni, Luigi Pedrazzi, Laura Pennacchi, Roberta Pinotti, Franca Rame, Lidia Ravera, Ermete Realacci, Maria Ricciardi, Giulia Rodano, Francesco Rosi, Guido Sacconi, Mara Sacchi, Francesca Santoro, Ettore Scola, Simone Siliani, Albertina Soliani, Catherine Spaak, Paolo Sylos Labini, Antonio Tabucchi, Nicola Tranfaglia, Giovanni Valentini, Gianni Vattimo, Elio Veltri, Fabrizio Vigni, Walter Vitali, Demetrio Volcic, Benedetto Zacchiroli, Giampaolo Zancan, Sergio Zavoli
Girotondi delle Idee
PACE A GERUSALEMME
Giornata di mobilitazione e di sostegno all'iniziativa di Ginevra
Domenica 21 Dicembre - ore 10
Roma - Piazza del Pantheon
Intervengono tutti i leader del centrosinistra
BERTINOTTI, BOSELLI, DILIBERTO, DI PIETRO, FASSINO, MASTELLA, PECORARO SCANIO, RUTELLI, SBARBATI.
Legge Gasparri, dichiarazione di Caruso: "Occuperemo le frequenze di Rete 4"
"Se Berlusconi occupa abusivamente da anni le frequenze assegnate a Europa7, non vedo perchè noi non possiamo a nostra volta occupare le medesime frequenze". Se dovesse essere approvato il decreto del governo su Rete 4, il movimento noglobal occuperà le frequenze della tv diretta da Emilio Fede. Lo annuncia il portavoce dei Disobbedienti campani Francesco Caruso. Il meccanismo è semplice, spiega Caruso: "Si tratta di trasmettere su quelle frequenze i programmi di una telestreet", una delle 'tv di strada' indipendenti presenti in varie città italiane.
"Un eventuale decreto Berlusconi per sanare le irregolarità e le illegalità di Berlusconi sarebbe un gravissimo attentato alla libertà e alla democrazia, un provvedimento contro il quale l'intero paese dovrebbe rivoltarsi", dice Caruso. "E invece dai banchi dell'opposizione istituzionale si alzano appelli per il dialogo, ad abbassare i toni della polemica: il loro immobilismo oggi non è altro che connivenza e collusione nei confronti di questo disegno criminale che permetterebbe a Rete4 di continuare a trasmettere, pur non avendo ormai da quasi quattro anni la concessione, mentre Europa 7 non potrà mai trasmettere, in barba al risultato della regolare gara per l'assegnazione dele concessioni del luglio 1999: persa da Retequattro e vinta da Europa 7".
"Berlusconi vuole nascondere ipocritamente i suoi interessi finanziari dietro le sorti e il destino dei lavoratori di Rete4 - conclude il portavoce noglobal - ma i disoccupati organizzati chiedono da anni un posto di lavoro, così come da mesi i lavoratori dell'Alitalia, della Fiat, dei trasporti, della scuola, cercano con la lotta di difendere il loro posto di lavoro. I lavoratori di Rete4 potranno essere riassorbiti da Europa7, che ha pronte 700 assunzioni appena saranno liberate le frequenze occupate da Mediaset".
APPELLO PER IL RITIRO DEI SOLDATI ITALIANI DALL'IRAQ
Da mesi le nostre Forze Armate sono in Iraq. Questa presenza non ha prodotto nessun risultato concreto per la costruzione della pace e la lotta al terrorismo, ha invece assimilato il nostro Paese alle forze responsabili del conflitto. La supposta funzione "umanitaria" della nostra missione militare è vanificata dalla decisione di tutte le Ong italiane di rifiutare ogni collaborazione con le truppe e le autorità di occupazione.
La guerra prosegue tragicamente ogni giorno con il suo tributo di sangue e di lutti. Lutti e sangue che non hanno risparmiato neanche i soldati italiani dei quali piangiamo il sacrificio e anche in nome dei quali ribadiamo con ancora più forza il nostro "mai più".
Ritirare il nostro contingente militare non è un atto di codardia o una fuga davanti al terrorismo. E' un atto che può ridare la parola alla diplomazia, all'Onu, a quella "risoluzione di conflitti con altri mezzi" solennemente sancita dall'articolo 11 della nostra Costituzione. E' un atto di coraggio.
Il più nobile perché rompe il fronte di coloro che hanno eletto la guerra infinta e preventiva a moderno paradigma di governo del pianeta. E' un atto di civiltà contro la barbarie, perché svuota i giacimenti di odio e conseguentemente contrasta in modo efficace la follia dei terroristi. E' un atto di giustizia, perché ripropone l'urgenza di edificare un diverso ordine economico basato sull'equa e solidale ripartizione delle risorse. E' un atto di pace, il solo che può costruire il futuro estirpando dalla storia guerre e terrorismi.
Al Parlamento, chiediamo di non restare sordo e di compiere con convinzione questo atto.
Primi firmatari:
Don Ciotti, Don Vitaliano Della Sala, Monsignor Raffaele Nogaro, Massimiliano Fuksas
Raniero La Valle, Michele Santoro, Piero Sansonetti, Rossana Rossanda, Edoardo Sanguineti, Mario Tronti, Marco Revelli, Haidi Giuliani, Teresa De Sio, Dario Vergassola, Leo Gullotta, Alessandro Curzi, Valentino Parlato.
Alex Zanotelli, Lidia Menapace, Lisa Clark, Alberto Asor Rosa
Società civile irachena in libertà vigilata
Cari amici, l'ordine n. 45 del 27 novembre del governatore Bremer costituice una grave violazione della libertà di asociazione in Iraq. Esso tende a mettere sotto controllo l'intera nascente società civile irachena e le organizzazioni e associazioni internazionali operanti in Iraq in tutti i settori. Facciamo appello a tutto l'associazionismo e al popolo della pace perchè si operi una forte pressione della società civile mondiale a difesa dei diritti civili della popolazione irachena.
Associazione Un ponte per...
Di seguito la presa di posizione della ONG italiane operanti in Iraq.
Per manifestare la vostra protesta andate sul sito www.unponteper.it
Un editto del Governatore Bremer mette la società civile irachena e le ONG internazionali in libertà vigilata
L'ordinanza n. 45 del 27 novembre 2003, emanata dal Governatore Bremer, obbliga tutte le nascenti forme della società civile irachena e le Organizzazioni Non Governative internazionali a sottoporsi a forme di registrazione e di controllo che costituiscono una grave limitazione della libertà di associazione.
L'ordinanza:
1.. dichiara illegali tutte le attività svolte da organizzazioni che non si registrino secondo la procedura stabilita dalla ordinanza stessa;
2.. sottopone a tale regime le organizzazioni che svolgano iniziative nei seguenti campi:
a.. assistenza umanitaria
b.. difesa dei diritti umani
c.. riabilitazione comunitaria
d.. iniziative caritatevoli
e.. attività educative, sanitarie ed educative
f.. conservazione e protezione dell'ambiente
g.. ricostruzione economica e sviluppo
h.. promozione di pratiche di democrazia
i.. sviluppo della società civile
j.. promozione della uguaglianza della donna
k.. ogni altra attività no-profit
1.. Alcune delle informazioni richieste per la registrazione sono oltremodo intrusive negli affari interni delle organizzazioni e lesive di elementari principi di privacy: oltre a normali dati identificativi sulla organizzazione vengono richieste approfondite informazioni sui finanziamenti degli ultimi tre anni, compresi i nomi dei maggiori finanziatori anche privati, sulle attività intraprese e che si intende intraprendere, sulla composizione del consiglio direttivo e sul lavoro dei membri del consiglio direttivo. Si obbliga le associazioni a produrre rapporti trimestrali sulla attività, rapporti finanziari annuali, a concordare preventivamente i propri programmi con i Ministeri del Governing Council.
2.. Viene dato, ad un Ufficio del Ministero della Pianificazione, un larghissimo potere ispettivo sull'operato della associazioni e completa discrezionalità per negare, sospendere o revocare la autorizzazione, in caso di
a.. "violazione delle leggi dell'Iraq" - senza nessuna ulteriore specificazione e senza la previsione che tale violazione sia accertata da un tribunale
b.. "Minaccia all'ordine pubblico, alla salute, alla stabilità e alla sicurezza dell'Iraq" Si può ben comprendere che in questa ultima categoria potrebbero essere compresi tutti i comportamenti di contestazione o di opposizione alla politica della Coalizione Occupante.
Non è indicato l'organo presso il quale ricorrere in caso di negazione, sospensione o revoca della autorizzazione.
Si tratta di una aperta violazione:
1.. dei diritti di associazione, in particolare della popolazione irachena, stabiliti dall'art. 22 del "Patto internazionale sui diritti civili e politici"
2.. dell'art. 63 della Convenzione di Ginevra che impone alla Potenza Occupante di non ostacolare la attività delle società nazionali della Croce Rossa nonché delle atre società di soccorso che operano per garantire servizi essenziali alla popolazione civile
3.. della stessa direttiva ORHA per le operazioni umanitarie in Iraq che formalizza il riconoscimento dei principi umanitari di indipendenza, imparzialità e neutralità
Inoltre la risoluzione 1483 del Consiglio di Sicurezza dell'Onu attribuisce al Rappresentante Speciale del Segretario Generale dell'Onu il compito di promuovere la protezione dei diritti umani e di coordinarsi con le organizzazioni nazionali, regionali e con quelle della società civile ai fini della promozione dello sviluppo e del benessere della popolazione irachena.
Le misure introdotte non sono rilevanti ai fini della lotta al terrorismo: non saranno certamente le cellule terroriste a registrarsi presso la CPA e a dare informazioni tali da poter essere individuate come tali.
La finalità è invece evidentemente quella di mettere sotto controllo l'intera, nascente, società civile irachena e precostituire uno strumento per allontanare dall'Iraq le organizzazioni che solidarizzassero con qualsiasi forma di opposizione legittima.
Chiediamo il rispetto dei diritti umani e della libertà di associazione del popolo iracheno.
Chiediamo che le attività umanitarie delle Ong internazionali non siano "ingabbiate" e siano coordinate dalle Nazioni Unite come stabilito dalla Ris. 1483.
Dichiariamo di non essere disponibili ad avallare una tale politica di violazione dei diritti civili e politici.
Dichiariamo di non essere disponibili a fornire informazioni che nel nostro paese sono coperte dalle leggi di tutela della privacy come i nominativi dei donatori privati.
Dichiariamo di non essere disponibili ad accettare l'obbligo di concordare preventivamente le attività da intraprendere.
Proponiamo alle altre Organizzazioni non-governative internazionali presenti in Iraq e in particolare al coordinamento NCCI di rifiutare collettivamente questa direttiva e di prendere le seguenti iniziative:
4.. inviare un appello al segretario generale dell'Onu perché intervenga a tutela delle prerogative dell'Onu nel coordinamento degli aiuti umanitari
5.. inviare un appello alla Commissione per i Diritti umani dell'Onu perché intervenga a tutela della libertà di associazione in Iraq
Facciamo appello a tutta la società civile mondiale affinché a favore della libertà di associazione in Iraq si levi una alta a vigorosa protesta. Roma 16 dicembre 2003
Un ponte per., ICS, COSV, GVC, Intersos, Terres des Hommes
Giornata Internazionale del Migrante
ROMA, 18 dicembre 2003 - "Chiediamo al Governo Italiano di avviare il prima possibile le procedure per la firma e ratifica della Convenzione internazionale per la protezione di tutti i lavoratori migranti e i membri delle loro famiglie", questo è quanto ha chiesto il Comitato Italiano per i diritti dei migranti alla Conferenza che si è svolta oggi all'Hotel Nazionale di Piazza Montecitorio organizzata per celebrare la Giornata Internazionale del Migrante.
Questa Convenzione si pone come strumento privilegiato per la protezione dei diritti umani fondamentali di tutti i migranti, indipendentemente dal loro status giuridico. E' quindi doveroso da parte di tutti gli Stati adottare misure e politiche appropriate per una gestione della migrazione rispettosa di questi diritti.
Rivolgendosi ai parlamentari presenti tra cui l'On. Graziella Mascia, l'On. Giorgio Pasetto e il Sen. Francesco Martone, Il Comitato Italiano ha sottolineato che "I migranti, indipendentemente dal loro status giuridico, e quindi anche gli irregolari, hanno diritto alla protezione dei loro diritti umani fondamentali attraverso uno strumento internazionale forte ed efficace come questa Convenzione. Anche i diritti dei migranti vanno concepiti su base universale, perché sono diritti fondamentali della persona".
Dopo aver ricordato la recente entrata in vigore della Convenzione (1° luglio 2003) a 13 anni dalla sua adozione, il Comitato ha denunciato la totale assenza degli Stati membri dell'Unione Europea tra i firmatari. Infatti, i 24 Stati che ad oggi hanno firmato e ratificato la Convenzione sono perlopiù paesi generatori di flussi migratori come Messico, Filippine, Sri Lanka, Marocco, Senegal.
Una persona su 35 nel mondo è un migrante. Negli ultimi 35 anni il numero dei migranti internazionali è più che raddoppiato arrivando agli attuali 175 milioni per le sole presenze regolari. Si tratta di un fenomeno globale dal quale nessun paese al mondo può dirsi escluso sia esso di origine, transito o destinazione. Si tratta di milioni di persone che, a causa della loro particolare condizione di vulnerabilità, sono potenzialmente esposti ogni giorno ad abusi e sfruttamento. Se poi si pensa ai migranti irregolari i numeri e i disagi diventano incalcolabili.
Il Comitato italiano ricorda infine che il nostro Paese, coerentemente con la propria storia di emigrazione e con le proprie responsabilità internazionali, si è adoperato attivamente nella stesura del testo durante i lavori presso l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ed ha partecipato positivamente all'approvazione per consenso del testo della Convenzione 13 anni fa. Pertanto, il Comitato "esorta ad intraprendere ogni sforzo per la firma e ratifica di questa Convenzione e adeguare gli strumenti legislativi nazionali allo spirito e alla lettera della stessa."
Ufficio stampa Comitato
Il testo dell'Appello del Comitato Italiano per i diritti dei migranti
APPELLO
PROMOSSO DAL COMITATO ITALIANO PER I DIRITTI DEI MIGRANTI
Il 18 dicembre 1990, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite adottava la Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, entrata in vigore il 1° luglio 2003.
AD OGGI NESSUN PAESE DELL'UNIONE EUROPEA HA FIRMATO E RATIFICATO LA CONVENZIONE.
Noi sottoscritti firmatari dell'appello e rappresentanti del Comitato Italiano per i Diritti dei Migranti chiediamo:
1. al Governo italiano di avviare il prima possibile le procedure per la firma e ratifica della Convenzione.
2. ai parlamentari di portare all'attenzione del Parlamento italiano la ratifica della Convenzione.
3. al Presidente di turno del Consiglio dell'UE di sostenere in sede europea e presso gli altri Stati membri la Convenzione.
4. di sollecitare il Parlamento Europeo ad adottare una risoluzione che inviti gli Stati membri ad intraprendere politiche in materia di
immigrazione conformi alla Convenzione ed a ratificare la Convenzione stessa.
Questo Comitato intende inoltre ricordare che il nostro Paese, coerentemente con la propria storia di emigrazione e con le proprie responsabilità internazionali, si è adoperato attivamente nella stesura del testo durante i lavori presso l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ed ha partecipato positivamente all'approvazione per consenso del testo della Convenzione 13 anni fa.
Le migrazioni sono un processo in costante evoluzione che continuerà a giocare un ruolo essenziale nelle società di tutto il mondo. É sempre più evidente la dimensione globale del fenomeno migratorio con le sue implicazioni politiche, economiche e sociali. Rispetto al passato, i movimenti di popolazioni sono in aumento: iniqua distribuzione delle risorse, guerre, carestie, degrado ambientale spingono milioni di persone a lasciare le proprie aree di origine. I migranti internazionali superano ormai 175 milioni nel mondo per le sole presenze regolari, mentre i numeri e i disagi diventano incalcolabili per quanto riguarda le migrazioni irregolari.
La violazione dei diritti dei migranti è una sconcertante realtà cui purtroppo ci si deve confrontare. La loro condizione di vulnerabilità li rende troppo spesso soggetti ad abusi e sfruttamento e li espone ad atti discriminatori nonché xenofobi.
I migranti, indipendentemente dal loro status giuridico, e quindi anche gli irregolari, hanno diritto alla protezione dei loro diritti umani fondamentali attraverso uno strumento internazionale forte ed efficace come questa Convenzione. Anche i diritti dei migranti vanno concepiti su base universale, perché sono diritti fondamentali della persona.
Pertanto, il Comitato esorta ad intraprendere ogni sforzo per la firma e ratifica di questa Convenzione e adeguare gli strumenti legislativi nazionali allo spirito e alla lettera della stessa.
Firmatari dell'appello:
Claudio Lenoci, Ufficio in Italia - Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL); Peter Schatzer, Ufficio in Italia - Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM); Anne Marie Dupré, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (FCEI); Padre Bruno Mioli, Fondazione Migrantes (CEI); Don Vittorio Nozza, Caritas Italiana; Giulio Russo, Casa dei Diritti Sociali - FOCUS; Giuseppe Casadio, CGIL; Oberdan Ciucci, CISL; Guglielmo Loy, UIL
SI E' CONLUSO IL CONVEGNO INTERNAZIONALE SULLE PROSPETTIVE DEL SERVIZIO CIVILE ALL'ESTERO
Oggi a Rimini sessione conclusiva del convegno "Servire la Pace, difendere i diritti umani", promosso dall'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII con la Regione Emilia Romagna e il Comune di Rimini e la collaborazione di Caritas Italiana e Focsiv. Al dibattito finale sono intervenuti Roberto Marino, coordinatore Unsc, Licio Palazzini, presidente della Consulta Nazionale del Servizio Civile, Giovanni Grandi, responsabile del Servizio Obiezione di Coscienza e Pace della Comunità Papa Giovanni XXIII, padre
Angelo Cavagna, presidente del Gavci.
Grande difficoltà dell'Ufficio nazionale a causa dell'esplosione delle domande di servizio civile (Marino), necessità di maggiori fondi e di inserire in maniera più organica la figura del servizio civile all'estero all'interno delle linee guida previste dai bandi Unsc per la costruzione dei progetti (Palazzini), necessità di ricerca di forme organizzate per smantellare le strutture che producono guerra (Cavagna), ripensare il concetto di sicurezza e soprattutto stimolare la nascita di partnerships con organismi locali dei paesi dove si opera, evitando di creare strutture nuove (Marelli), irrazionalità e immoralità della guerra e importanza dell'impegno dei Caschi Bianchi, il cui agire concreto, nel quotidiano diventa gesto di profonda testimonianza politica (Perego): queste tra le considerazioni più rilevanti emerse dal dibattito. "L'impegno che da anni mettiamo nel progettare e gestire il servizio civile all'estero è, da parte nostra, una restituzione reale ai paesi del Sud del mondo, - ha dichiarato Giovanni Grandi - non è un mero invio di persone,
tutti dobbiamo sentirci coinvolti e assumercene le responsabilità, la delega qui non è possibile. Come enti vogliamo continuare ad operare all'interno della legge sul servizio civile perché questa legge ci appartiene".
E' stata inoltre presentata un'anticipazione della ricerca "Casco Bianco difensore dei diritti umani", realizzata dall'Associazione Diritti Umani Sviluppo Umano dell'Università di Padova su commissione della Comunità Papa Giovanni XXIII, finanziata dalla Provincia di Rimini.
Grande soddisfazione degli organizzatori per i contenuti emersi durante i due giorni di lavori. Importante soprattutto il rafforzamento dei legami e la condivisione degli obiettivi, anche all'interno di modalità di azione differenti, tra gli enti della Rete Caschi Bianchi (Caritas, Focsiv, Comunità Papa Giovanni, Gavci). Altro elemento da sottolineare è che si tratta del primo convegno i cui Istituzioni ed Enti di servizio civile portano avanti una riflessione comune su questo tema. Rimini, 18 dicembre 2003.
Retequattro e par condicio: la denuncia di Libertà e Giustizia
La legge del più forte sta soppiantando in Italia lo Stato democratico di diritto.
Il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, si prepara a firmare un decreto legge per salvare Retequattro, emittente di sua proprietà, e contemporaneamente intende abolire la par condicio, una normativa nata proprio per rimediare al suo “tentacolare” conflitto d’interessi.
Il partito del Presidente del Consiglio, Forza Italia, potrà così accaparrarsi uno spazio enorme durante la campagna elettorale e fare spot a pagamento sulle televisioni dello stesso Presidente del Consiglio, fino al giorno prima delle elezioni.
Vi invitiamo a sottoscrivere, perciò, sul sito
http://www.libertaegiustizia.it/appelli/appello01.asp
la nostra denuncia.
Libertà e Giustizia chiede all’opposizione di prendere finalmente atto di questa situazione estrema, di parlare con una sola voce e di avere una strategia unica contro questi pericoli imminenti. E a quelle parti della maggioranza, ancora democratiche e sensibili alla propria autonomia, chiede che si dissocino apertamente in Parlamento da queste manovre liberticide.
Libertà e Giustizia si impegnerà attivamente contro la rielezione di tutti i parlamentari che sosterranno queste restrizioni della libertà nel nostro Paese.
PACE A GERUSALEMME
Giornata di mobilitazione e di sostegno all'iniziativa di Ginevra
Domenica 21 Dicembre - ore 10
Roma - Piazza del Pantheon
Intervengono tutti i leader del centrosinistra
BERTINOTTI, BOSELLI, DILIBERTO, DI PIETRO, FASSINO, MASTELLA, PECORARO SCANIO, RUTELLI, SBARBATI.
mercoledì, dicembre 17, 2003
PEACELINK AL PRESIDENTE CIAMPI: ADESSO NON FERMIAMOCI!
LETTERA APERTA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA:
PRESIDENTE CIAMPI, ADESSO NON FERMIAMOCI!
L'associazione PeaceLink invita il capo dello Stato a farsi garante della liberta' di informazione nel Paese.
Stimatissimo Presidente Carlo Azeglio Ciampi,
le scrivo a nome dell'associazione PeaceLink, un gruppo di volontari che dal 1991 produce gratuitamente informazioni sulla pace e i diritti umani, diffuse quotidianamente su internet.
La sua decisione di rinviare alle camere il disegno di legge sul riassetto del sistema radiotelevisivo ha ridato speranza a molti cittadini che ormai consideravano perduta la battaglia civile per una informazione libera da condizionamenti partitici, economici, affaristici, lobbistici e mafiosi.
Sappiamo che il suo gesto ha un valore puramente simbolico, perche' con ogni probabilita' la legge che lei ha giudicato incostituzionale in alcuni passaggi verra' approvata dopo gli opportuni ritocchi e aggiustamenti, perche' questo e' quello che prevedono le regole delle istituzioni.
Tuttavia la forza di questo simbolo e il valore del suo "no" ci aiutano a ritrovare la speranza di consegnare ai nostri figli un ambiente culturale, mediatico e cognitivo libero da tutte quelle forme di inquinamento mentale che sua moglie Franca ha efficacemente sintetizzato col nome di "televisione deficiente".
Dalle notizie di agenzia apprendiamo che nel messaggio inviato alle Camere per motivare il rinvio del ddl Gasparri lei ha espresso preoccupazione sul fenomeno della concentrazione del mercato pubblicitario a favore delle concessionarie televisive Sipra e Publitalia, comunicando il timore che "la radiotelevisione, inaridendo una tradizionale fonte di finanziamento della libera stampa, rechi grave pregiudizio ad una liberta' che la Costituzione fa oggetto di energica tutela".
Purtroppo i problemi dell'appiattimento culturale del piccolo schermo e della concentrazione pubblicitaria non sono le uniche piaghe che affliggono la nostra informazione.
Negli ultimi anni abbiamo osservato impotenti l'aumento esponenziale delle tariffe postali che sta stroncando le piccole riviste distribuite solo su abbonamento, la progressiva estinzione delle librerie di quartiere, asfissiate dalle grandi catene come Feltrinelli e Mondadori, la concorrenza sleale delle riviste e dei libri che raggiungono i supermercati e gli autogrill danneggiando i piccoli editori che non possono permetterselo, l'impoverimento del panorama culturale dominato dai grandi gruppi editoriali Rcs, Caracciolo e Mondadori, le concentrazioni di poteri mediatici che non riguardano solo il presidente del Consiglio attualmente in carica, ma anche personaggi come Mario Ciancio, Francesco Gaetano Caltagirone, Cesare Romiti, Maurizio Costanzo, Bruno Vespa e molti altri,
le leggi sull'editoria che penalizzano la piccola informazione libera e decentrata e forniscono provvigioni spropositate alle riviste di partito, le azioni legali operate a danno delle piccole "Tv di quartiere", ormai presenti a centinaia nel Paese, che aumentano la biodiversita' televisiva con programmi autogestiti e privi di pubblicita', la dubbia costituzionalita' di organismi come la Siae che operano la criminalizzazione della condivisione di musica e opere dell'ingegno senza scopo di lucro, l'approvazione della direttiva europea sul copyright che tutela unicamente il diritto al profitto di grosse aziende calpestando i diritti degli utenti e dei consumatori, i monopoli dell'informatica e delle telecomunicazioni che danneggiano la libera iniziativa economica, la palese censura operata su chi viene allontanato dagli schermi televisivi, la piu' subdola autocensura alla quale sono costretti anche nella stampa piu' progressista migliaia di giornalisti precari, i progetti di legge per obbligare i siti internet di informazione indipendente a registrarsi come testate giornalistiche, la crescente ingerenza degli inserzionisti pubblicitari nell'attivita' delle redazioni, la subalternita' dell'Italia all'economia e alla cultura statunitense in ambito cinematografico, discografico e informatico, la trasformazione delle notizie in propaganda militare durante le recenti azioni di guerra che hanno coinvolto direttamente o indirettamente il nostro Paese, la scomparsa dagli schermi
televisivi delle informazioni sulle manifestazioni sindacali e pacifiste, la trasformazione del servizio pubblico televisivo in un'arena di scontro per la conquista del potere, dove la professionalita' dei giornalisti viene soffocata premiando il divismo e la piaggeria, mentre le legittime richieste dei cittadini e della societa' civile vengono sistematicamente ignorate.
Di fronte a tutto questo le chiediamo rispettosamente di non fermarsi e di spingere ancora piu' in la' la sua azione per garantire la liberta' di informazione e di espressione nel Paese, denunciando come ha gia' fatto in altre occasioni non solo le storture e le incostituzionalita' della legge Gasparri o di qualunque altra legge illiberale o incostituzionale, ma ogni limitazione del diritto a produrre e ricevere informazioni libere, un diritto che lei stesso ha definito "oggetto di energica tutela" da parte della nostra Costituzione Repubblicana.
La situazione eccezionale che le ho descritto le richiedera' una eccezionale dose di coraggio e di determinazione, ma nel cercare questo coraggio e questa determinazione deve sapere che avra' dalla sua parte quei milioni di cittadini italiani che vogliono continuare a pensare con la propria testa, liberi da condizionamenti di qualunque provenienza e colore politico.
Ringraziandola per l'attenzione che ci ha dedicato, le auguriamo buon lavoro.
Carlo Gubitosa
Associazione PeaceLink
Telematica per la Pace
Volontariato dell'informazione
QUALE FUTURO PER IL POPOLO IRAKENO?
IL MOVIMENTO PACIFISTA E LA GUERRA IN IRAQ
QUALE FUTURO PER IL POPOLO IRAKENO?
ESISTE IN IRAQ UNA SOCIETA CIVILE, LAICA,DEMOCRATICA E PROGRESSISTA?
COME OPPORSI E CON QUALI STRUMENTI ALLA GUERRA PERMANENTE E GOBALE ?
INCONTRO- DIBATTITO
PRESSO LA PROVINCIA DI ROMA
AULA CONSIGLIO GIOVEDI 18 ORE 17.30
V. QUATTRO NOVEMBRE 119/A
COORDINA M. FABBRI (CAPOGRUPPO PRC CONS .PROV .)
RELAZIONI
N. SIMEONE-(RESP .MOVIMENTI P.R.C. FED .ROMA)
SUBHI TOMA (SOCIOLOGO-PERSEGUITATO DA SADDAM HUSSEIN-ESPONENTE DELLOPPOSIZIONE ALL'OCCUPAZIONE MILITARE IN IRAQ)
P. MAESTRI(BASTA GUERRA;FORUM SOCIALE)
L . CLARK (BEATI I COSTRUTTORI DI PACE)
INTERVENGONO:R . TERENZI(CONS . PROV . PRC) ;F . ALBERTI(UN PONTE PER)-R . SALINARI (PRESIDENTE TERRE DES HOMMES)-P . BERNOCCHI (PORTAVOCE COBAS SCUOLA)-S . GIOVAGNIOLI (PRESIDENTE ARCI LAZIO) ; D. PIFANO(COMITATO DEL PIGNETO)-F . RAPARELLI (DISUBBIDIENTI-ROMA) A. MECOZZI (SEGR .NAZ. FIOM)- R. LA VALLE (PACIFISTA)
CONCLUDE E. DEIANA (DEPUTATA-COMMISSIONE DIFESA)
RITIRO IMMEDIATO DELLE TRUPPE ITALIANE DALL´IRAQ VERSO IL III FORUM MONDIALE- BOMBAY- (INDIA)
GRUPPO PROVINCIALE-P.R.C.
FEDERAZIONE DI ROMA
AMNESTY INTERNATIONAL: SOLO LA GIUSTIZIA PUÒ AIUTARE IL FUTURO DELL’IRAQ
Amnesty International ha accolto favorevolmente l’arresto di Saddam Hussein, accusato di gravi violazioni dei diritti umani quali crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Ora è essenziale che vi sia un processo equo e indipendente che rispetti gli standard internazionali.
“Il modo in cui si svolgerà il processo sarà cruciale per il futuro dell’Iraq e per capire fino a che punto verrà rispettato lo stato di diritto. È importante che emerga la verità ma è ugualmente importante che prevalga la giustizia” – ha dichiarato l’organizzazione per i diritti umani.
Qualunque corte sia chiamata a giudicare Saddam Hussein e altri imputati, dovrà agire equamente ed essere valutata come equa dall’esterno. Dovrà essere competente, indipendente e imparziale e seguire le procedure in linea col diritto internazionale sul giusto processo.
Secondo Amnesty International, “la gravità e la dimensione delle violazioni di cui Saddam Hussein è accusato sottolinea l’importanza vitale che egli sia sottoposto a giustizia in un modo indiscutibilmente equo. Le innumerevoli vittime di decenni di gravi violazioni dei diritti umani commesse dal precedente governo non meritano niente di meno”.
Amnesty International preme affinché sia seriamente presa in considerazione l’opzione di coinvolgere nel processo esperti non iracheni. L’Iraq ha una forte tradizione giuridica, ma in questo paese non si sono mai celebrati processi per reati complessi come i crimini di guerra e i crimini contro l’umanità. Se da un lato sarebbe importante che il processo si svolgesse in Iraq, dall’altro non è chiaro se e come, in un contesto fortemente politicizzato, l’indipendenza e l’imparzialità dei persecutori e dei giudici potrebbe essere garantita.
Il nuovo tribunale speciale in Iraq è stato istituito senza un’ampia consultazione con la società civile o una consulenza da parte degli esperti legali internazionali, che hanno esperienza di situazioni simili. Le sue caratteristiche, tuttavia, possono essere ancora modificate.
“L’Autorità provvisoria della coalizione e il Consiglio di governo iracheno dovrebbero chiedere agli esperti delle Nazioni Unite coinvolti in situazioni analoghe in altri paesi, di assicurare che venga scelta la migliore delle soluzioni. Altrimenti, si renderà un cattivo servizio alla causa della giustizia, non solo in Iraq ma nel mondo” – ha sottolineato Amnesty International.
L’organizzazione per i diritti umani è anche preoccupata per il fatto che la pena di morte è ancora prevista nell’ordinamento del tribunale speciale. Il processo nei confronti di Saddam Hussein e di altri imputati non dovrà essere visto come una vendetta. L’Autorità provvisoria ha sospeso la pena capitale e Amnesty International auspica che venga abolita per sempre.
“Ci dispiace profondamente vedere rappresentanti delle Potenze occupanti manifestare supporto o neutralità nei confronti della pena di morte in Iraq, anziché incoraggiare l’abolizione definitiva di questa pena obsoleta e inumana” – ha aggiunto Amnesty International.
Come ex capo delle forze armate irachene, Saddam Hussein è un prigioniero di guerra e deve essere trattato come tale, ad esempio ricevendo immediatamente la visita dei delegati del Comitato internazionale della Croce Rossa. Come ogni altro imputato, Saddam Hussein ha diritto a tutte le garanzie previste dal diritto internazionale, compreso il diritto a non essere sottoposto a torture e maltrattamenti e il diritto a ricevere un processo equo.
Rispetto alle immagini degli esami medici trasmesse dalla televisione, Amnesty International ricorda che la III Convenzione di Ginevra sul trattamento dei prigionieri di guerra prevede che questi siano trattati con umanità in ogni circostanza e siano protetti dalla “pubblica curiosità”.
“C’era bisogno di mostrare che Saddam Hussein è vivo e agli arresti, ma mostrarlo mentre viene sottoposto a un esame della bocca e dei capelli non era necessario e fa dubitare delle reali intenzioni nel distribuire tali immagini”.
Durante tutta la durata del regime di Saddam Hussein, Amnesty International ha pubblicato rapporti e lanciato azioni sulle gravi violazioni dei diritti umani in Iraq e per anni ha chiesto che venisse posta fine all’impunità per tali abusi. Già nel 1988 l’organizzazione chiese al Consiglio di Sicurezza di intervenire per porre fine alle massicce violazioni dei diritti umani contro i curdi. Ora la verità deve emergere e le vittime e le loro famiglie devono essere compensate.
“Gli standard che devono essere seguiti nel corso della detenzione, degli interrogatori e del processo devono essere basati sugli stessi principi che Saddam Hussein e altri imputati hanno negato al popolo iracheno: i principi del diritto internazionale” – ha concluso Amnesty International.
FNSI SERVENTI LONGHI: Tg3 e Tg4 un inaccettabile ricatto
“La Fnsi ha sempre difeso il pluralismo dell’informazione di cui fanno parte sia il Tg3 e le rubriche giornalistiche di Rai Tg3 sia il Tg4 e le rubriche di Rete 4 Mediaset.
Per tanto – ha rilevato Serventi- riteniamo possibile sostenere un provvedimento urgente che consenta a tutte le reti e le testate di Rai e Mediaset di continuare a trasmettere come ora.
La Fnsi, che si muove d’intesa con l’Usigrai ed il coordinamento del Cdr del gruppo Mediaset, rivendica la fissazione di limiti contro le concentrazioni e difende il pluralismo ed il lavoro di tutti i colleghi.
Ogni resistenza a garantire il futuro di Rai 3 e Rete 4 avrebbe il tenore di un inaccettabile ricatto nei confronti del Capo dello Stato e del Parlamento”.
FNSI E 200 testate giornalistiche ringraziano Ciampi
La Conferenza nazionale dei comitati e fiduciari di redazione, alla quale hanno partecipato oltre 200 rappresentanti di tutte le testate italiane, ha approvato all’unanimità il seguente ordine del giorno:
“La Conferenza nazionale dei Comitati e fiduciari di redazione della Federazione della stampa italiana, riunita a Roma martedì 16 dicembre 2003, esprime grande apprezzamento per la scelta del Presidente della Repubblica di rinviare alle Camere la legge Gasparri (giustamente criticata e contestata dalla Fnsi) affinché il Parlamento possa legiferare norme rispettose del pluralismo dell’informazione ed allineate con la più avanzata legislazione europea ed internazionale.
La conferenza dei Cdr, riunita per adempiere il mandato statutario dell’elezione della propria rappresentanza nella Commissione permanente per il contratto Fnsi - Fieg , esprime inoltre la propria preoccupazione per l’accentuarsi della conflittualità aziendale determinata dal mancato rispetto delle norme contrattuali da parte degli editori.
A ciò si collega un comportamento, sempre più diffuso, di numerosi direttori che non ottemperano al dettato contrattuale e non svolgono, quindi, il ruolo di garanzia dell’autonomia delle redazioni loro assegnato dal nostro contratto.
La Conferenza impegna la Fnsi al massimo livello di solidarietà ed iniziativa a sostegno delle redazioni impegnate in difficili vertenze.
L’Assemblea, infine, impegna la Commissione contratto ad iniziare rapidamente il proprio lavoro al fine di elaborare una piattaforma che sia il frutto di una approfondita analisi della situazione e della più ampia consultazione possibile della categoria.”
DON DIANA: riunione costitutiva del Comitato per il decennale
E' convocata, per venerdì 19 dicembre alle ore 17:00, presso il Santuario Madonna di Briano - Villa di Briano, la riunione costitutiva del Comitato per il decennale della morte di don Giuseppe Diana.
Chiunque fosse interessato è invitato a partecipare
Per aderire al Comitato per il decennale, inviare una email a: solesud.onlus@libero, indicando il proprio nominativo e/o il nominativo dell'eventuale organizzazione di riferimento (e referente da contattare), con un recapito (anche email per comunicazioni)
Manifesto per ricordare una semplice vita
per il 10° anniversario della morte di don Giuseppe Diana
"La camorra è una forma di terrorismo che incute paura, impone le sue leggi...", così scriveva don Giuseppe Diana, insieme agli altri parroci della forania di Casal di Principe, nel documento Per amore del mio popolo, pochi anni prima d'essere ucciso, mentre s'accingeva a celebrare la messa, il 19 marzo 1994.
"I camorristi impongono con la violenza, armi in pugno, regole inaccettabili: estorsioni che hanno visto le nostre zone diventare sempre più aree sussidiate, assistite senza alcuna autonoma capacità di sviluppo; tangenti al venti per cento, e oltre, sui lavori edili, che scoraggerebbero l'imprenditore più temerario; traffici illeciti per l'acquisto e lo spaccio delle sostanze stupefacenti, il cui uso produce a schiere giovani emarginati e manovalanza a disposizione delle organizzazioni criminali...
"Ci sentiamo investiti in pieno della nostra responsabilità di essere "segno di contraddizione"".
Il messaggio, l'impegno e il sacrificio di don Giuseppe Diana non possono essere dimenticati.
Il ricordo di una semplice vita, quale quella di don Peppe Diana, è il ricordo delle tante vittime innocenti, spesso dimenticate, che hanno insanguinato le strade delle terre occupate dalle mafie.
Gli anni trascorsi dall'uccisione di don Peppe, testimoniano che, passati i clamori, nel silenzio e nella dimenticanza, oltre ad una semplice vita, si può ammazzare anche la memoria e il sacrificio di un martirio.
Il silenzio, la disinformazione, la diffamazione che hanno caratterizzato gli avvenimenti giudiziari sulla morte di don Peppe Diana, segnalano all'attenzione pubblica il diritto-dovere ad una veritiera e libera informazione, sia a livello locale, che nazionale.
L'uccisione di una semplice vita diventa, per noi, un simbolo di nuova vita.
Il sacrificio di don Giuseppe Diana diviene l'occasione per riflettere nuovamente sulle barbarie della criminalità organizzata e sull'impegno per la legalità, lo sviluppo, la costruzione di una Comunità alternativa alle mafie, a cui tutti siamo chiamati a contribuire.
Per rendere vivo il ricordo delle vittime della mafia e l'impegno concreto alla costruzione di un futuro libero,
noi non dimenticheremo, noi ci saremo!
I sottoscrittori
(per aderire inviare una email a solesud.onlus@libero.it, con il proprio nominativi ed un eventuale recapito)
HAITI: IL PIANO D’AZIONE DI AMNESTY INTERNATIONAL
PER MIGLIORARE LA SITUAZIONE DEI DIRITTI UMANI
A duecento anni dalla fine della schiavitù e del colonialismo, Haiti vive una profonda crisi dei diritti umani, resa peggiore dalle divisioni politiche, dalla violenza, dall’impunità e dalla riduzione dell’assistenza internazionale.
Per questa ragione, Amnesty International ha lanciato oggi un piano d’azione per i diritti umani ad Haiti, basato su dieci punti chiave. Il piano, presentato alle autorità di governo, ai gruppi della società civile e alla comunità internazionale, contiene raccomandazioni specifiche per affrontare con decisione i gravissimi abusi dei diritti umani che si stanno verificando nell’isola. Esse riguardano povertà, omicidi illegali, tortura, impunità, violenza contro le donne, violazioni del diritto alla libertà di opinione e minacce contro sindacalisti e attivisti per i diritti umani.
“Sollecitiamo i leader di tutti gli schieramenti politici e la comunità internazionale a prendere seriamente in considerazione questi abusi e a fare sforzi concreti per porvi fine” – ha dichiarato l’organizzazione per i diritti umani. “Il popolo di Haiti, con la sua storia esemplare di lotta per la libertà, non merita niente di meno”.
Il 1° gennaio 2004, la prima repubblica nera al mondo celebrerà il 200° anniversario della propria nascita. Haiti è uno dei paesi più poveri del mondo, con i più bassi indicatori in termini di speranza di vita, istruzione e salute del continente americano. Secondo le Nazioni Unite, la situazione economica sta ulteriormente peggiorando.
IL PIANO D’AZIONE DI AMNESTY INTERNATIONAL
1) Uccisioni e tortura
Diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della persona e diritto alla libertà da tortura e trattamenti o punizioni crudeli, inumane e degradanti (artt. 3 e 5 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani)
La polizia e le autorità giudiziarie devono garantire pubblicamente che non saranno tollerate torture, uccisioni extragiudiziali e altre gravi violazioni dei diritti umani da parte delle forze dell’ordine durante le celebrazioni del bicentenario. I gruppi per la tutela dei diritti umani devono essere posti in condizione di monitorare eventuali abusi. In caso vi siano delle violazioni, queste devono essere immediatamente sottoposte a inchiesta e i responsabili devono essere subito perseguiti. Se le violazioni da parte di pubblici funzionari non verranno sottoposte a indagine, i responsabili di questa omissione dovranno essere sospesi e dovrà essere avviata un’inchiesta.
2) Discriminazione
Diritto all’uguaglianza di fronte alla legge e ad una eguale protezione di fronte alla legge (art. 7)
Il presidente e le altre autorità istituzionali devono impegnarsi a prevenire e punire gli abusi commessi dai militanti dei partiti politici, a qualunque schieramento appartengano. Gli abusi commessi dai sostenitori del governo dovranno essere perseguiti allo stesso modo di quelli commessi dalle fazioni anti-governative e entrambi i casi dovrà essere fatto il massimo sforzo per ottenere giustizia.
3) Impunità
Diritto ad una effettiva possibilità di ricorso contro atti che violino i diritti umani fondamentali (art. 8)
Come è stato dichiarato dalla Corte d’appello di Haiti, il procedimento giudiziario sul caso del giornalista Jean Dominique, ucciso nell’aprile 2000, non deve limitarsi ad accertare l’identità degli esecutori materiali del crimine e dei loro complici ma anche indicare quella degli effettivi mandanti. Le autorità haitiane devono immediatamente fornire tutte le risorse necessarie, dal punto di vista finanziario come da quello della protezione dei testimoni e delle persone coinvolte nel processo, per assicurare piena giustizia.
4) Violenza contro le donne
Diritti delle donne e protezione della famiglia da parte della società e dello Stato (art. 16)
Tutti gli organismi dello Stato e della società civile devono lavorare, ciascuno nella propria sfera di influenza, per garantire che il clima di violenza politica che sembra affermarsi nella società haitiana non porti ad un aumento nella violenza contro le donne, sia nell’ambito privato (violenza domestica) che in quello pubblico (repressione dell’attivismo femminile).
5) Libertà di coscienza
Libertà di pensiero e coscienza (art. 18)
Tutti i leader politici devono dichiarare pubblicamente di condannare ogni atto di intolleranza, intimidazione o violenza perpetrato dai propri sostenitori contro quelli appartenenti ad altri gruppi o fazioni. I partiti politici devono cooperare con le autorità per porre fine agli abusi e assicurare alla giustizia i responsabili.
6) Difensori dei diritti umani
Libertà d’opinione e d’espressione (art. 19)
Le autorità devono sviluppare un piano per attuare i principi contenuti nella Dichiarazione delle Nazioni Unite sui difensori dei diritti umani, tenendo in considerazione le raccomandazioni espresse da gruppi nazionali e internazionali per la difesa dei diritti umani e dagli esperti dell’Organizzazione degli Stati Americani, degli organismi interamericani e delle Nazioni Unite sulla protezione dei diritti umani.
7) Dimostrazioni pacifiche
Diritto alla libertà di riunione ed associazione pacifica (art. 20)
Il diritto alla libertà di riunione e associazione pacifica deve essere riconosciuto e protetto dalla polizia. Dal canto loro, gli attivisti devono rispettare la legge haitiana nell’organizzazione delle manifestazioni e rispettare a loro volta il diritto degli altri a manifestare. Ogni tentativo di far tacere chi manifesta esprimendo idee diverse dalle proprie deve venire immediatamente fermato.
8) Libere elezioni
Diritto di partecipare al governo del proprio paese, sia direttamente sia attraverso rappresentanti liberamente scelti e diritto all’espressione della volontà popolare attraverso elezioni libere e regolari (art. 21)
Tutte le autorità, i partiti politici e i gruppi della società civile devono impegnarsi a fare la propria parte per assicurare che gli haitiani possano esercitare senza paura di violenze o rappresaglie il proprio diritto di partecipare alla vita politica del paese.
9) Diritti sindacali e del lavoro
Diritto al lavoro, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro, a fondare e ad aderire a sindacati (art. 23)
Le industrie che operano nella nuova Zona di libero commercio di Ouanaminthe, al confine con la Repubblica Dominicana, devono pubblicamente impegnarsi a rispettare gli standard internazionali sul trattamento dei lavoratori, compreso il diritto a formare un sindacato. Le autorità haitiane e dominicane devono pubblicamente impegnarsi a proteggere i propri cittadini vigilando sull’adesione a questi standard.
10) Povertà
Diritto alla realizzazione dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla dignità, e ad uno standard di vita adeguato per la salute e il benessere (artt. 22 e 25)
La comunità internazionale deve venire incontro alla richiesta del Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite, fornendo 84 milioni di dollari per un Programma di risposta integrata volto a fronteggiare il deterioramento delle condizioni socio-economiche del paese. Come richiesto dalla risoluzione 833 del settembre 2002 dell’Organizzazione degli Stati Americani, gli aiuti e i prestiti da parte dei paesi donatori - ad oggi ancora sospesi - devono tornare ad essere erogati. Per parte sua il governo haitiano deve firmare il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, che richiede agli Stati firmatari di impiegare il massimo delle risorse disponibili per la realizzazione di questi diritti. Roma, 17 dicembre 2003
martedì, dicembre 16, 2003
Ciampi frena Gasparri. Era ora!
Incontriamoci a Roma oggi, martedì 16 dicembre, alle ore 20.00 in piazza al Pantheon
Canti e balli per festeggiare il rinvio alle Camere della legge che distrugge la libertà di informazione
23 luglio 2002, messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica:
"Onorevoli parlamentari, la garanzia del pluralismo e dell’imparzialità dell’informazione costituisce strumento essenziale per la realizzazione di una democrazia compiuta; si tratta di una necessità avvertita dalle forze politiche, dal mondo della cultura, dalla società civile".
15 dicembre 2003, Comunicato Ufficiale della Presidenza della Repubblica:
"Il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha chiesto alle Camere, a norma dell'Articolo 74, primo comma, della Costituzione, una nuova deliberazione in ordine alla legge 'Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della Rai - Radiotelevisione italiana Spa, nonché delega al Governo per l'emanazione del testo unico della Radiotelevisione' "
Sin dal suo primo apparire la legge Gasparri non solo andava ad aggiungersi alle "leggi vergogna" per la sostanza di voler tentare di occultare uno degli insanabili conflitti d'interessi dell'attuale Presidente del Consiglio, ma anche la forma essa era indiscutibilmente incostituzionale.
Oggi la saggia decisione del Capo dello Stato di non firmare quella legge per evidente contrasto con le sentenze in merito della Corte Costituzionale ratifica con il più alto suggello istituzionale le nostre affermazioni, dandoci atto che il nostro grido d'allarme non era una posizione estremistica ma la sacrosanta indignazione di cittadini che non potevano tollerare un ulteriore scempio del diritto in Italia.
Per il Presidente della Repubblica si tratta di un atto istituzionale, scevro di qualsiasi altro significato.
Per la Società Civile Organizzata del nostro paese è una grande vittoria, dopo le tante giornate di lotta e protesta contro questa legge ridicola nella sua arroganza, dopo essere scesi in piazza in tutta Italia il 3 dicembre, giorno dell'approvazione in Parlamento, dopo le grandi manifestazioni di Roma e Milano. Oggi ci sembra giusto trovarci tutti insieme per felicitarci l'un l'altro di questo bellissimo momento di libertà, di vittoria del diritto sulle squallide manovre di potere e di lobby, di rivincita delle istituzioni democratiche sull'arroganza del partito-azienda che credeva di essere il padrone assoluto d'Italia.
Organizzazione a cura di Girotondi e Movimenti per la Democrazia,
In collaborazione con F.N.S.I., CGIL SNC, Articolo 21-liberidi, Italia dei Valori, Megachip, Carta, Attac, Rete Lilliput
OGGI ALLE 20 TUTTI A PIAZZA DEL PANTHEON
Il Comitato per la libertà e il diritto all’informazione, che rappresenta oltre sessanta Associazioni, movimenti e sindacati, invita oggi tutti i cittadini a partecipare ad un momento di gioia e di riflessione per la decisione del Capo dello Stato di rinviare alle Camere la legge Gasparri.
La manifestazione si svolgerà questa sera alle 20 in Piazza del Pantheon a Roma.
Vi parteciperanno tutti coloro che hanno condotto nel Paese e nelle Istituzioni una dura battaglia contro una legge illiberale e anticostituzionale. La determinazione del Presidente Ciampi rappresenta un primo straordinario risultato della mobilitazione di organizzazioni e persone, ma la battaglia va proseguita per convincere il Parlamento ad attuare profonde e radicali notizie alla Gasparri.
Comitato Libertà e Diritto all'Informazione
lunedì, dicembre 15, 2003
OSCURATO IL NUOVO.IT, solidarietà colleghi giornalisti.
“La Federazione nazionale della Stampa italiana, l’Associazione della stampa romana e l’Associazione lombarda dei giornalisti condannano l’irresponsabile comportamento dei vertici della Banca Popolare di Lodi, azionista di riferimento del Gruppo HDC Spa, titolare della società che edita il quotidiano on line Il Nuovo.it, oscurato perché l’azienda non avrebbe pagato i canoni dei servizi al provier Fastweb.
E’ ingiustificabile che tutto questo sia accaduto senza informarne la rappresentanza sindacale aziendale dei giornalisti.
La Fnsi e le Associazioni regionali di stampa denunciano altresì che i nuovi vertici aziendali proprietari della testata non hanno ancora risposto alla formale richiesta delle organizzazioni sindacali dei giornalisti di un urgente incontro finalizzato ad analizzare la situazione e le prospettive della testata Il Nuovo.it e delle altre attività editoriali di HDC Multimedia, così come prevedono le norme di contratto e di legge in caso di trasferimenti azionari.
Le strutture sindacali, nazionale e territoriale, dei giornalisti esprimono solidarietà a tutti i colleghi del quotidiano on line e chiedono che venga immediatamente ripristinato il collegamento al provider del portale informativo Il Nuovo.it, riservandosi nei confronti dell’azienda tutte le azioni a tutela dei danni professionali ai colleghi, dovuti all’oscuramento della testata.” Prot. n. 246. Roma 15.12.2003.
Federazione Nazionale della Stampa Italiana
Associazione Stampa Romana
Associazione Lombarda Giornalisti
Mi unisco alle proteste della stampa italiana, in qualità di redattore di questo blog, per esprimere tutta la mia solidarietà ai colleghi de Il Nuovo.it.
Loredana Morandi
Il ritorno degli Aarch
I villaggi della Cabilia scuotono l'Algeria
Presentazione del documentario*
Mercoledì 17 dicembre ore 13.00
Sala Gialla di Palazzo Madama, piano terra
Piazza Madama, Roma
2001, Genova, G8. Mentre il mondo occidentale assisteva alle vicende del G8 di Genova, l’Algeria era attraversata da un’intensa stagione di conflitto sociale. Le strade della Cabilia, ma anche di altre regioni del paese, si erano trasformate in campi di battaglia.
Il movimento degli Aarch (rigorosamente d’ispirazione laico) rivendicava il diritto ad una vita dignitosa, al lavoro ed al riconoscimento della cultura e della lingua berbera. La gendarmeria algerina intervenne reprimendo i cortei di protesta e provocando la morte di 123 manifestanti.
Il filmato, che sarà presentato mercoledì 17 dicembre al Senato, è un interessante documento con testimonianze di quei giorni. La visione del documentario potrebbe rappresentare per le forze politiche italiane, non sempre attente alle realtà politiche e sociali del Mediterraneo, una occasione di conoscenza dei fenomeni sviluppatesi in questi anni in Nord-Africa.
Alla presentazione partecipano: sen. Luigi Malabarba, capo gruppo PRC al Senato, sen. Cesare Salvi -DS- vicepresidente del Senato, sen. Francesco Martone -Verdi- componente della Commissione Affari Eteri del Senato. Saranno presenti, inoltre, Michelangelo Severgnini e Karim Metref, registi del documentario, Vermondo Brugnatelli,docente universitario esperto di mondo berbero, Enzo Mangini, del settimanale Carta.
Roma 15 dicembre 2003
*distribuito dal settimanale "Carta"
domenica, dicembre 14, 2003
Human Rights Watch. Iraq: No Political Show Trial for Saddam Hussein
International Expert Participation Key to Trial
(New York, December 14, 2003) - The Iraqi Governing Council must not mount a political show trial of Saddam Hussein, Human Rights Watch warned today.
The U.S. Fourth Infantry Division took Saddam Hussein into custody yesterday. U.S. forces have not announced what they plan to do with the former Iraqi leader, but have previously made clear their support for an Iraqi tribunal to carry out prosecutions for crimes of the past. Last week, the Iraqi Governing Council created a new tribunal to prosecute the crimes of Iraq's past.
"Saddam Hussein's capture is a welcome development and it's important that the Iraqi people feel ownership of his trial," said Kenneth Roth, executive director of Human Rights Watch. "But it's equally important that the trial not be perceived as vengeful justice. For that reason, international jurists must be involved in the process."
Human Rights Watch has compiled substantial dossiers on the crimes of the former Iraqi leader, and published numerous reports on human rights abuse under his rule, including genocide and crimes against humanity.
On December 10, the Iraqi Governing Council issued a law establishing a tribunal to try genocide, war crimes, and crimes against humanity. The tribunal law includes provisions on the rights of the accused and applies definitions of international crimes that are largely consistent with international law. However, key provisions are lacking to ensure legitimate and credible trials.
The tribunal law does not require that judges and prosecutors have experience working on complex criminal cases and cases involving serious human rights crimes. Nor does the law permit the appointment of non-Iraqi prosecutors or investigative judges with relevant expertise.
"Iraq has no experience with trials lasting more than a few days," said Roth. "International expertise in prosecuting genocide, war crimes, and crimes against humanity cases must be utilized to ensure a fair and effective trial."
Human Rights Watch said any court conducting the trial must be independent of political influence, and free of bias and partiality. The trial must give the benefit of every protection for the rights of the accused under international law. Saddam Hussein must be allowed to conduct a vigorous defense that includes the right to legal counsel at an early stage.
The tribunal law does not prohibit the death penalty and does not ensure that guilt must be proven beyond a reasonable doubt. In addition, the law does not sufficiently address protection of witnesses and victims or security for the tribunal and its staff.
"Any tribunal trying Saddam Hussein should apply international standards of justice," said Roth. "To do otherwise would blur the distinction between the Ba'ath Party period and the Iraq of the future."
Human Rights Watch has recommended forming a Group of Experts including Iraqi and international specialists to suggest appropriate accountability mechanisms and facilitate collection and preservation of evidence. A mixed Group of Experts would allow Iraqi jurists to draw on international experience gained from trying serious past crimes committed in the former Yugoslavia, Rwanda, and Sierra Leone, Human Rights Watch said.
"The Iraqi Governing Council should partner with the United Nations to create an accountability process that works," said Roth. "There won't be a second chance to do this right."
Some of the crimes for which Saddam Hussein might be prosecuted include:
- The genocidal Anfal campaign against the Iraqi Kurds, which resulted in the deaths of some 100,000 civilians and the destruction of more than 4,000 villages;
- The use of chemical weapons against Iranian troops and Kurdish civilians;
- The large-scale killings that followed the failed 1991 uprisings in the north and south of Iraq;
- The destruction and repression of the Marsh Arabs; and
- The forced expulsion of ethnic minorities in Northern Iraq during the "Arabization" campaign.
For more information on justice and Iraq, please see
http://staging.hrw.org/campaigns/iraq/#Justice
To read the Human Rights Watch policy paper, "Ensuring Justice for Iraq:
Evidence Preservation and Fair Trials," please see:
http://www.hrw.org/press/2003/09/iraq091203.htm
(New York, December 14, 2003) - The Iraqi Governing Council must not mount a political show trial of Saddam Hussein, Human Rights Watch warned today.
The U.S. Fourth Infantry Division took Saddam Hussein into custody yesterday. U.S. forces have not announced what they plan to do with the former Iraqi leader, but have previously made clear their support for an Iraqi tribunal to carry out prosecutions for crimes of the past. Last week, the Iraqi Governing Council created a new tribunal to prosecute the crimes of Iraq's past.
"Saddam Hussein's capture is a welcome development and it's important that the Iraqi people feel ownership of his trial," said Kenneth Roth, executive director of Human Rights Watch. "But it's equally important that the trial not be perceived as vengeful justice. For that reason, international jurists must be involved in the process."
Human Rights Watch has compiled substantial dossiers on the crimes of the former Iraqi leader, and published numerous reports on human rights abuse under his rule, including genocide and crimes against humanity.
On December 10, the Iraqi Governing Council issued a law establishing a tribunal to try genocide, war crimes, and crimes against humanity. The tribunal law includes provisions on the rights of the accused and applies definitions of international crimes that are largely consistent with international law. However, key provisions are lacking to ensure legitimate and credible trials.
The tribunal law does not require that judges and prosecutors have experience working on complex criminal cases and cases involving serious human rights crimes. Nor does the law permit the appointment of non-Iraqi prosecutors or investigative judges with relevant expertise.
"Iraq has no experience with trials lasting more than a few days," said Roth. "International expertise in prosecuting genocide, war crimes, and crimes against humanity cases must be utilized to ensure a fair and effective trial."
Human Rights Watch said any court conducting the trial must be independent of political influence, and free of bias and partiality. The trial must give the benefit of every protection for the rights of the accused under international law. Saddam Hussein must be allowed to conduct a vigorous defense that includes the right to legal counsel at an early stage.
The tribunal law does not prohibit the death penalty and does not ensure that guilt must be proven beyond a reasonable doubt. In addition, the law does not sufficiently address protection of witnesses and victims or security for the tribunal and its staff.
"Any tribunal trying Saddam Hussein should apply international standards of justice," said Roth. "To do otherwise would blur the distinction between the Ba'ath Party period and the Iraq of the future."
Human Rights Watch has recommended forming a Group of Experts including Iraqi and international specialists to suggest appropriate accountability mechanisms and facilitate collection and preservation of evidence. A mixed Group of Experts would allow Iraqi jurists to draw on international experience gained from trying serious past crimes committed in the former Yugoslavia, Rwanda, and Sierra Leone, Human Rights Watch said.
"The Iraqi Governing Council should partner with the United Nations to create an accountability process that works," said Roth. "There won't be a second chance to do this right."
Some of the crimes for which Saddam Hussein might be prosecuted include:
- The genocidal Anfal campaign against the Iraqi Kurds, which resulted in the deaths of some 100,000 civilians and the destruction of more than 4,000 villages;
- The use of chemical weapons against Iranian troops and Kurdish civilians;
- The large-scale killings that followed the failed 1991 uprisings in the north and south of Iraq;
- The destruction and repression of the Marsh Arabs; and
- The forced expulsion of ethnic minorities in Northern Iraq during the "Arabization" campaign.
For more information on justice and Iraq, please see
http://staging.hrw.org/campaigns/iraq/#Justice
To read the Human Rights Watch policy paper, "Ensuring Justice for Iraq:
Evidence Preservation and Fair Trials," please see:
http://www.hrw.org/press/2003/09/iraq091203.htm
IRAQ: AMNESTY, A SADDAM LO STATUS DI PRIGIONIERO DI GUERRA
New York, 14 dic. - Amnesty International chiede che a Saddam Hussein venga offerto lo status di prigioniero di guerra e che la Croce rossa internazionale possa essere autorizzata a visitarlo.
''Come ogni altro presunto criminale, ha diritto a tutte le tutele previste dal diritto internazionale, compresa quella di non essere sottoposto a torture o a essere maltrattato. Ha ovviamente diritto ad avere un avvocato difensore e a ricevere un processo giusto e il minimo delle altre tutele che spettano a ogni altro detenuto''
- ha dichiarato Nicole Schoueiry, portavoce dell'organizzazione che si batte per la tutela dei diritti umani in tutto il mondo. Amnesty mette in dubbio la legittimita' del tribunale per i crimini commessi dalla dittatura di Saddam istituito nei giorni scorsi dal Consiglio governativo iracheno perche' ''e' stato messo in piedi senza il contributo della societa' civile irachena, senza quello dei giuristi iracheni e internazionali, cosi' come degli osservatori come le Nazioni Unite''.
Fonte Adnkronos
E' stato catturato
Ora non vi più alcun alibi per un'occupazione ad oltranza.
Dopo la ricerca delle armi di distruzione di massa e il loro mancato ritrovamento, dopo la stagione delle bugie e della propaganda è stata compiuta e messa a segno la missione numero uno per cui veniva giustificata in seconda battuta la guerra e poi l'occupazione.
Per riportare la democrazia ora occorre passare il potere a organismi locali liberamente eletti e riconosciuti dalla popolazione come sovrani.
Saranno queste realtà espressione della volontà generale a dire se esse vogliono o non vogliono l'aiuto di truppe straniere (e di quali nazioni), se vogliono o non vogliono l'Onu, se il petrolio e le ricchezze nazionali debbano essere gestite dagli irakeni o dagli americani.
Siamo al momento più delicato della faccenda.
Questa è l'ora X per i signori del petrolio e della guerra.
La si può gestire con lo stesso ipocrita trionfalismo con cui si è abbattuta la statua di Saddam. Come pure si può cogliere l'occasione per guardare a tutti gli errori commessi al fine di cercare una strada d'uscita. La cattura di Saddam, infatti, non è la vittoria, non è la via d'uscita dal pantano irakeno. E' solo la porta di ingresso in una prospettiva diversa. Che ha un solo nome: il potere agli irakeni. Quel potere che Saddam aveva tolto e che - pur nella clandestinità - serbava come simbolo ambiguo di resistenza e catalizzatore di una parte delle forze del vacchio regime; l'Iraq è stato vittima di una guerriglia che ha usato le stesse tecniche dei piani di sabotaggio previsti in Italia dagli americani in caso di governo a partecipazione comunista. Il sabotaggio sistematico basato sul "tanto peggio tanto meglio" era finalizzato a rendere ingestibile tutto. Era un sabotaggio che non mirava solo a mettere in difficoltà gli americani ma che toglieva ogni ruolo a quella neonata società civile irakena orientata verso la partecipazione democratica e verso un'autonoma scelta del proprio futuro politico. Da una parte la resistenza di Saddam e dall'altra la prova di forza delle truppe americane: era un'alternativa secca da cui non si usciva. E ne faceva le spese la volontà popolare, di cui non hanno mai voluto tener conto né Saddam né Bush.
Ora è il momento della svolta vera, oppure è il momento della presa per i fondelli di un intero popolo.
Che Bush ne sia convinto o no è questo il momento di passare i poteri, o il futuro diventerà per i soldati americani l'inferno del Vietnam.
Senza un gesto saggio - magari compiuto controvoglia dalle forze occupanti - allora il simbolo della lotta all'occupazione passa nelle mani del terrorismo fondamentalista collegato a Bin Laden il quale in questo momento vede cadere il suo rivale Saddam.
Se non si compie al più presto questo passaggio democratico di poteri allora la resistenza - che fino ad ora era interpretata per lo più come terrorismo pilotato da Saddam - diventerà un fenomeno generalizzato e incontenibile.
Con una guerra di liberazione nazionale (magari ispirata alla teocrazia e benedetta da Al Queida) verrebbero meno le speranze per un cambiamento non violento e basato su una volontà popolare espressa tramite il meccanismo della maggioranza e della minoranza, ossia la regola della democrazia.
Nel Seicento il liberale John Locke scrisse che quando il potere sottrae al popolo la sovranità allora il potere torna al popolo a cui spetta il diritto di resistenza.
Noi pacifisti - che condividiamo il diritto a resistere all'oppressione con strumenti il più possibile non violenti - non amiamo la guerriglia. Tuttavia la resistenza sarà un fatto inevitabile se Bush - dopo il successo della cattura di Saddam - continuerà a dare alle sue truppe l'ordine di occupare l'Iraq a tempo indeterminato senza riconoscere agli irakeni il diritto all'autodeterminazione e alla sovranità sul proprio territorio.
Ogni popolo ha diritto a resistere ad un'occupazione militare. Più è di popolo, più è partecipata e meno è armata. Per quanto possa sembrare una irrealistica prospettiva, è auspicabile una vasta resistenza popolare non armata. Lo spirito di Gandhi non ha finora aleggiato in Irak. Tracciare con lo spray sulle corazze militari il simbolo della pace e issare la bandiera arcobaleno non sarebbe tuttavia una cattiva idea. A pensarci bene un accerchiamento pacifico di popolo dei blindati angloamericani - fatto anche da donne, anziani e bambini - sarebbe di fatto la fine della guerra e di un occupazione senza sbocco.
Alessandro Marescotti
http://www.peacelink.it
SLAI COBAS ARESE: L'accordo ha valore solo per gli iscritti a Fim, Fiom e Uilm !
Se la minoranza delle Rsu lo sigla chiederemo l'intervento della magistratura !
Prima di andare al voto referendario avevamo chiesto gli "osservatori Onu".
Avevamo chiesto di sapere le aziende interessate e il quorum per la validità del referendum. Tutto questo non è avvenuto, anzi siamo alla farsa.
I sindacati confederali dicono che l'azienda non ha fornito il numero degli organici a libro matricola e che quindi per loro l'organico è di 1.350 lavoratori.
Ci fanno i complimenti perchè abbiamo aumentato i lavoratori all'interno dell'Alfa.
Niente di più falso. Quando la Fiat apre la procedura di mobilità o di cassa, deve fornire alle organizzazioni sindacali gli organici divisi per reparto. Basterebbe quindi che Fim-Fiom e Uilm esibissero questi documenti ufficiali per riscontrare che tra le società che hanno votato al referendum ci sono oltre 2000 lavoratori in organico.
Il referendum quindi è fallito e di conseguenza l'accordo non è valido.
Occorre inoltre ribadire:
· alle recenti elezioni delle Rsu nel reparto interessato alla cig solo lo Slai Cobas ha ottenuto il 63% dei voti.
· nell'insieme della fabbrica i sindacati confederali hanno ottenuto solo il 42% dei voti, con Slai Cobas al 38% e Flmu Cub al 20%.
· l'assemblea dei lavoratori in cig ha bocciato l'accordo
· alla nostra richiesta di indire unitariamente un referendum solo dei lavoratori interessati alla cig (550) Fim Fiom e Uilm hanno rifiutato.
La firma da parte delle rsu che avverrà nei prossimi giorni è nulla e rappresenta una sola minoranza.
Riteniamo quindi di porre la parola fine a questa brutta vicenda.
Se comunque la minoranza delle rsu andrà alla firma dell'accordo e la fiat lo riterrà valido per tutti, chiederemo alla magistratura che venga applicato solo per gli iscritti a Fim-Fiom e Uilm.
Non essendo vincolati da questo accordo continueremo nella mobilitazione contro :
· la Fiat per il rispetto degli accordi e le sentenze che impongono lavoro ad Arese.
· le proprietarie delle aree per l'assunzione dei lavoratori che devono essere ricollocati.
· la regione lombardia perchè oltre alle conferenze stampa si proceda con progetti concreti di insediamenti ad Arese con assunzione dei lavoratori.
per questo motivo
martedì mattina
terremo una manifestazione nelle vie del centro
sotto la sede della regione.
In risposta alla Fiom che si dice disponibile alla lotta unitaria rispondiamo che loro hanno abbandonato i presidi alle portinerie e che è difficile lottare con chi ha firmato che 550 lavoratori di Arese non sono più ricollocabili in Fiat. 13-12-03
Slai Cobas Alfa Romeo
Alfa Romeo di Arese