giovedì, aprile 15, 2004
EMBARGO SULLE ARMI DELL’UNIONE EUROPEA VERSO LA CINA: AMNESTY INTERNATIONAL CHIEDE DI NON SABOTARE L’AZIONE DEGLI ATTIVISTI PER I DIRITTI UMANI
Amnesty International ha ammonito l’Unione Europea (UE) a riflettere sul messaggio che verra’ trasmesso agli attivisti per i diritti umani della Cina – ancora in carcere a distanza di quindici anni dal massacro di piazza Tiananmen – se togliera’ il proprio embargo sulle armi nei confronti di Pechino.
L’appello dell’organizzazione per i diritti umani e’ rafforzato dalle dichiarazioni rese dal presidente della Commissione Europea Romano Prodi ieri a Pechino secondo cui la Cina deve migliorare la situazione dei diritti umani e giunge alla vigilia dei colloqui tra la presidenza dell’UE e il ministro degli Esteri cinese, previsti lunedi’ a Dublino, in un momento in cui ci si attende che i ministri degli Esteri dell’UE discutano sull’ipotesi di togliere l’embargo sulle armi destinate alla Cina.
La situazione dei diritti umani in Cina presenta ancora un quadro terrificante: centinaia di migliaia di persone continuano ad essere
arrestate in tutto il paese, in violazione dei fondamentali diritti umani; condanne a morte ed esecuzioni hanno luogo regolarmente al termine di processi irregolari; i maltrattamenti e le torture sono tuttora diffusi e sistematici; la liberta’ di espressione e di informazione resta fortemente limitata.
In un documento diffuso oggi a Bruxelles, Amnesty International ha ricordato che decine di persone si trovano ancora nelle carceri cinesi a seguito della brutale repressione abbattutasi nel giugno 1989 su chi manifestava per chiedere riforme politiche. Il documento rileva inoltre come il Codice di condotta dell’UE sull’esportazione di armi non possa essere considerato, rispetto all’obiettivo di proteggere i diritti umani, un’alternativa credibile all’embargo sulle armi.
“Non dobbiamo dimenticare che l’embargo sulle armi venne imposto dall’UE in risposta a quelli che la stessa UE aveva definito ‘atti di repressione contro coloro che rivendicano legittimamente i propri diritti democratici’” – ha dichiarato Dick Oosting, direttore dell’Ufficio di Amnesty International presso l’UE. “L’UE puo’ anche discutere se l’embargo sia una ‘questione superata’. Non lo e’ di certo per gli attivisti cinesi che si battono per il rispetto dei diritti umani. Di fronte alla persecuzione cui ancora oggi vanno incontro coloro che manifestano in favore della democrazia, l’UE dovrebbe pensarci due volte prima di cambiare posizione”.
Solo due settimane fa, per ricordare come la Cina tratta gli attivisti per i diritti umani, tre esponenti delle “Madri di Tiananmen” (un gruppo di oltre 130 famiglie delle vittime della repressione del 1989) sono state tenute arbitrariamente agli arresti per diversi giorni. Le autorita’ cinesi continuano a ignorare le richieste di indagini esaurienti e imparziali sui fatti del 1989. Chi sostiene queste richieste o critica il comportamento delle autorita’, anche solo via posta elettronica o su siti internet, viene mandato in galera. Nel corso del processo, uno di questi attivisti e’ stato accusato di aver diffuso via internet un rapporto di Amnesty International.
Nel documento presentato oggi a Bruxelles, Robert Parker, coordinatore di Amnesty International sul commercio delle armi, ha evidenziato i limiti del Codice di condotta dell’UE sull’esportazione di armi, che alcuni governi dell’UE hanno proposto come forma di garanzia nel caso in cui si decidesse di togliere l’embargo sulle armi verso la Cina: “Il Codice stabilisce alcuni criteri sui diritti umani che devono essere tenuti in considerazione quando si concedono licenze di esportazione di armi. Tuttavia, il testo non
ha valore legale e presenta una formulazione debole, che lascia adito a interpretazioni da parte degli Stati membri. Gia’ oggi vediamo come questo Codice venga ignorato in alcuni paesi dell’UE e in quelli che stanno per accedervi. Oltretutto, il Codice e’ attualmente in fase di revisione. L’UE dovrebbe cogliere questa opportunita’ per rafforzare i propri controlli e garantire che le proprie forniture di armi e di equipaggiamento di sicurezza non vengano utilizzate per violare i diritti umani”.
Bruxelles/Roma, 14 aprile 2004