sabato, febbraio 28, 2004
IRAQ: ONG, MILITARI ITALIANI PER GARANTIRE AFFARI AZIENDE
(ANSA) - ROMA, 27 FEB - Il vero obiettivo della presenza militare italiana in Iraq e' garantire alle aziende italiane una ''lucrosa opportunita' di affari'' nella ''spartizione del bottino di guerra''. La denuncia arriva da alcune organizzazioni non governative che hanno organizzato oggi una conferenza stampa in occasione del seminario all'Ice sulle opportunita' commerciali e di investimento in Iraq tenutasi a Roma.
Secondo 'Un ponte per...', 'Rete Lilluput' e il Comitato romano 'Fermiamo la Guerra' non c'e' dunque un ''reale intento democratico'' dietro la liberazione dell'Iraq bensi' un ''interesse specifico ad accaparrarsi le risorse economiche del paese e una volonta' di conquistare ogni possibile spazio economico futuro''.
''Il seminario all'Ici rivela il reale motivo per il quale sono state inviate truppe italiane in Iraq: quello di garantire alle aziende italiane lucrose opportunita' di affari'' spiega il presidente di 'Un ponte per...' Fabio Alberti secondo il quale e' evidente anche il perche' le truppe italiane siano a Nassiriya.
''In quel territorio - afferma - c'e' un giacimento petrolifero dell'Eni (la societa' aveva negoziato con il precedente governo un accordo di 1,9 miliardi di dollari ed e' in attesa di riconferma)''. Critiche anche alla politica dell'Autorita' provvisoria della Coalizione (Cpa).
''La sua politica economica - spiega ancora Alberti - e' una chiara depredazione delle ricchezze irachene e una palese violazione delle convenzioni di Le Hauge e di Ginevra, che impediscono alle coalizioni occupanti di ridisegnare il sistema economico dei paesi occupati.
Con l'abolizione dei dazi doganali, l'esenzione dalle imposte, l'autorizzazione all'esportazione del 100% dei proventi degli investimenti, la privatizzazione delle imprese pubbliche e l'esclusione di fatto delle imprese irachene dagli appalti, si sta instaurando un paradiso iperliberista che non e' presente nemmeno negli Usa.
E il risultato sara' una depressione dello sviluppo e la sottrazione di ingenti risorse economiche del paese''. Allarmanti anche i dati sul debito pubblico iracheno: secondo Alberto Castagnola, della Rete Lilliput l'Iraq sara' costretto a pagare 200 miliardi di dollari piu' del Brasile.
Nel corso della conferenza stampa le Ong hanno distribuito un dossier sul coinvolgimento delle imprese italiane in Iraq. Secondo i dati in loro possesso alcune ditte italiane si sarebbero gia' aggiudicate subappalti da parte di multinazionali statunitensi.
E' il caso della Gtt (Gas Turbine Technologier, ex Fiat Avio), Officine Magrini Galileo, Officine Meccaniche Galileo, Chimic, Trevi-Soilmec. A queste, sostengono sempre le Ong, va ad aggiungersi l'istituto di credito San Paolo-Imi chiamato a far parte di un consorzio di 13 banche internazionali che gestira' la Banca Commerciale irachena.
(ANSA). GUI 27-FEB-04 17:32