giovedì, gennaio 15, 2004
EURO: LA VENDETTA DEL CAPPUCCINO!
CLAMOROSO: I COMMERCIANTI NON POTEVANO ARROTONDARE I PREZZI AL RIALZO AL MOMENTO DEL PASSAGGIO DALLA LIRA ALL'EURO. IMPORTANTISSIMO PRINCIPIO STABILITO DAL GIUDICE DI CIVITAVECCHIA CHE CONDANNA UN COMMERCIANTE STABILENDO L'OBBLIGO GIURIDICO DI TRASFORMARE I PREZZI ESATTAMENTE DA LIRE IN EURO L’ 1.1.2002.
SI PREPARANO MILIONI DI CAUSE PER CHI HA CONSERVATO GLI SCONTRINI SEGUENDO LE INDICAZIONI DEL CODACONS E DELL’INTESA DEI CONSUMATORI. UN COMMERCIANTE DI LADISPOLI (RM) CONDANNATO A RESTITUIRE 0,23 EURO CON L'AGGIUNTA DI 600 EURO DI RISARCIMENTO.
Il 1 gennaio 2002 un flagello si è abbattuto sull’Italia: l’euro. Grazie alla nuova moneta i commercianti approfittarono per effettuare arrotondamenti selvaggi dei prezzi, in spregio dei consumatori.
I beni maggiormente colpiti furono caffè e cappuccino, dei cui aumenti si accorsero subito gli italiani quando andarono, all’indomani dell’entrata in vigore della nuova moneta, a fare colazione al bar.
Ma oggi il cappuccino si è vendicato.
Il CODACONS, nel gennaio 2002, assieme all’INTESA DEI CONSUMATORI, avviò delle cause pilota contro questi arrotondamenti selvaggi, che ingiustamente gravavano sulle tasche dei cittadini. Tra queste cause quella di un pensionato di Ladispoli, in provincia di Roma, che si è visto arrotondare il prezzo del solito cappuccino al bar da 1.500 lire (0,77 euro) a 1 euro.
E oggi, per la prima volta in Italia, il Giudice di pace di Civitavecchia, Dott. Ferdinando Bugliari, territorialmente competente, accogliendo le tesi del Codacons sostenute in giudizio dagli avv.ti Manuela Sorrentino e Enrico Veneruso, ha deciso che quei 23 centesimi sono stati ingiustamente sottratti al pensionato, e ne ha ordinato al bar la restituzione al cittadino che tramite il Codacons aveva intentato la causa.
Così motiva il Giudice: “…sono vincolanti, oltre che le citate leggi/delegate, le altre fonti legislative e i REGOLAMENTI secundum e praeter legem.
Nella fattispecie vengono in applicazione:
A) il D.Lgs. 213/98, che fa proprie le direttive e le prescrizioni esposte più sopra, ai numeri 1,2,3.
B) La legge 281/98, la quale:
riconosce in favore dei consumatori, tra l’altro, i seguenti diritti, definiti “fondamentali”: il diritto alla correttezza, trasparenza ed equità nei rapporti contrattuali concernenti beni e servizi e il diritto ad una adeguata informazione (art. 1, lettere c ed e)
riconosce in favore delle associazioni consumatori, tra l’altro, il diritto di ottenere dal giudice l’inibizione degli atti e comportamenti lesivi degli interessi dell’intera categoria dei consumatori ( art. 3); diritto collettivo che si somma con il diritto individuale dell’utente (ultimo comma).
Dal complesso delle suesposte norme, aventi rilevanza esterna e diretta, si deduce che la categoria dei commercianti – nella quale è ricompresa la convenuta Sansone – è tenuta ad attenersi a criteri di correttezza, che nel caso in esame, va intesa come rispetto della corrispondenza tra prezzo in lire e prezzo in euro, senza scostamenti non giustificati, limitandosi pertanto ad effettuare “arrotondamenti solo in concomitanza con l’operazione di conversione e a condizione che siano a favore dell’utente e comunque ottenendo un effetto di neutralità della spesa per la generalità degli utenti” e in ogni caso, osservando l’obbligo di “comunicare alla competente autorità che gli eventuali scostamenti non sono imputabili o connessi all’introduzione dell’euro”
Ritiene il giudicante che, in via di diritto, le fonti normative offrono base testuale, al diritto dell’attore (consumatore) di vedere mantenuto, per il giorno 1/1/02, il prezzo vigente il giorno 31/12/01; mentre gli è stato chiesto un aumento di 0,23 euro, che rappresenta un arrotondamento non giustificato.
Poi Il Giudice Bugliari ha stabilito:
“Orbene, nella fattispecie di causa la sussistenza del dovere di non ledere l’interesse del contraente compratore (rectius consumatore) si accompagna a quella della violazione di una norma posta a sua tutela: normativa individuabile proprio in quella rete di tutela del consumatore apprestata dalle citate leggi 213/98 (citt. Artt. 3 e 4), 114/98 (artt. 1, 2 e 14) e 281/98 (artt. 1 e 3), che fanno obbligo al settore commercio di evitare, in sede di conversione di lire in euro, qualsiasi scostamento che non sia a favore del consumatore e che non sia giustificato da ragioni diverse e particolari”.
Il Giudice, quindi, ha così disposto:
- “Dichiara illegittimo il cambiamento di prezzo del cappuccino effettuato dalla convenuta il giorno 1/1/02, in quanto avvenuto durante il periodo di conversione dell’euro; e per l’effetto condanna la convenuta a restituire all’attore la somma di 0,23 euro
- inibisce inoltre alla convenuta di effettuare, in ogni operazione di conversione in euro dei prezzi di propri prodotti già espressi in lire, analoghi cambiamenti di prezzo non imputabili o non connessi con l’introduzione di detta moneta europea […]
- condanna la convenuta a pagare le spese di lite nei confronti sia dell’attore sia dell’intervenuto Codacons, che, così ridotte per parziale compensazione, liquida in euro 600 per ciascuno.”
Ora - sostiene l’Avv. Carlo Rienzi Presidente del Codacons – tutti i cittadini che, seguendo i consigli dell’Intesa dei consumatori, hanno conservato gli scontrini che attestano gli arrotondamenti al rialzo avvenuti a partire dall’1 gennaio 2002, potranno intentare cause analoghe, avvalendosi dell’importantissima decisione del Giudice di Civitavecchia.
Chi ha pagato in abbonamento un prodotto il cui prezzo è stato arrotondato potrà facilmente fornire la prova del danno, che potrà essere data anche con testimoni, ad es. amici che hanno comprato i cappuccini nello stesso bar.
Altri dettagli domani nel numero in edicola de L’Espresso in un articolo che, oltre a trattare di questa importante vittoria, farà in punto della situazione su 2 anni di caro-euro.