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martedì, dicembre 02, 2003

AMNESTY INTERNATIONAL: FERMARE I “MERCANTI DEL DOLORE” 


Il mancato controllo governativo sul crescente commercio e uso di equipaggiamento per la sicurezza sta contribuendo alla diffusione dei maltrattamenti e della tortura: lo denuncia Amnesty International in un nuovo rapporto diffuso oggi, intitolato “I mercanti del dolore”.

Le ultimissime ricerche dell’organizzazione per i diritti umani rivelano numerosi casi in cui le forze di polizia e le guardie carcerarie utilizzano in modo scorretto le vecchie tecnologie e vengono incoraggiate a usarne di nuove, nonostante l’assenza di test rigorosi per stabilire se queste rispettino gli standard del diritto internazionale. Ecco alcuni esempi:

- in Cina, durante una mostra mercato sugli equipaggiamenti di polizia, sono stati messi in vendita manganelli d’acciaio dotati di chiodi;
- in Svizzera, nel marzo di quest’anno, un proiettile di plastica e metallo esploso da un agente di polizia ha causato lesioni permanenti a una donna, lasciando frammenti sul suo volto impossibili da rimuovere per il rischio di paralisi. Sul proiettile non era stato eseguito alcun test;
- nel 2002, gli Usa hanno esportato in Arabia Saudita oltre nove tonnellate di ceppi di ferro: l’uso di questo strumento è vietato dalle Norme delle Nazioni Unite sul trattamento dei prigionieri;
- mentre il rapporto di Amnesty era già in stampa, il 31 ottobre il governo sudafricano ha pubblicato un avviso di gara per la fornitura di ceppi di ferro, catene e scudi elettrici antisommossa;
- la Gran Bretagna ha autorizzato la vendita al pubblico della pistola elettrica (taser gun), un congegno che esplode due dardi contenenti una scarica elettrica da 50.000 volt e che può essere usato anche da distanza ravvicinata con effetti stordenti. Secondo Amnesty International, non esistono ancora ricerche mediche esaurienti sugli effetti di questa pistola;
- agenti chimici contenenti sedativi con effetti inabilitanti, come quelli che l’anno scorso uccisero oltre 120 ostaggi in un teatro di Mosca: questo equipaggiamento dovrebbe essere messo al bando a meno che non sia provato che è possibile proteggere le persone dal suo uso arbitrario e indiscriminato.

“Il fatto che gli equipaggiamenti di sicurezza possano essere definiti ‘meno che letali’ non vuol dire che non se ne possa abusare e che non possano provocare ferite o decessi” – ha dichiarato Brian Wood, l’esperto di Amnesty International sugli equipaggiamenti di sicurezza. “Siamo estremamente preoccupati per il fatto che, in molti paesi, l’uso di questi strumenti contro la popolazione viene autorizzato in assenza di sufficienti indagini circa il loro effetto sui diritti umani”.

Gli Usa, uno dei maggiori produttori di equipaggiamenti che producono elettroshock, sono uno dei pochi paesi a richiedere l’emissione di licenze di esportazione per il trasferimento di armi del genere. Eppure, nel corso del 2002 il dipartimento del Commercio ha autorizzato l’esportazione di prodotti che ricadono nella categoria degli strumenti da elettroshock verso dodici paesi denunciati dal dipartimento di Stato per il continuo uso della tortura.

Il rapporto “I mercanti del dolore” rivela inoltre che il numero delle aziende che producono strumenti da elettroshock sta aumentando nonostante i continui casi di torture praticate mediante tali equipaggiamenti, denunciate in 87 paesi a partire dagli anni Novanta. Per quanto riguarda il periodo 1999 – 2003, Amnesty International ha individuato almeno 59 aziende che producono armi da elettroshock in dodici paesi: Brasile, Cina, Corea del Sud, Federazione Russa, Francia, Israele, Messico, Polonia, Repubblica Ceca, Stati Uniti d’America, Sudafrica e Taiwan. Nel periodo 1990 – 1997 le aziende rilevate erano venti.

Sono pochi i governi che controllano adeguatamente la produzione, la vendita e l’esportazione di equipaggiamento di polizia e di sicurezza. La Commissione Europea ha presentato una bozza di Regolamento commerciale che, se applicato, potrebbe impedire l’esportazione dagli Stati membri di equipaggiamento il cui scopo primario è la tortura (come i ceppi di ferro e le cinture elettriche) e sottoporre a rigoroso controllo l’esportazione di equipaggiamento che la Commissione considera legittimo se usato nel corso di operazioni di polizia ma che potrebbe essere usato per torturare (come i gas lacrimogeni e le armi elettriche stordenti).

Amnesty International apprezza questi passi in direzione di un controllo, ma ritiene che il testo del Regolamento commerciale dovrebbe essere reso più stringente. Svariati strumenti definiti come “legittimi” nel contesto di operazioni per il mantenimento della legge – le pistole stordenti, le pistole elettriche e lo spray al peperoncino - vengono in realtà usati per compiere torture e maltrattamenti e il loro effetto sui diritti umani è stato analizzato in modo insufficiente. Amnesty chiede che il loro uso sia sospeso in attesa di indagini rigorose e indipendenti.

Amnesty International chiede inoltre:
- il divieto di usare, produrre e trasferire equipaggiamenti progettati essenzialmente per la tortura o i maltrattamenti, come le cinture elettriche, i polsini di acciaio, i congegni serra-dita e i manganelli dotati di chiodi;
- la sospensione dell’uso, della produzione e del trasferimento di equipaggiamenti progettati a scopo di sicurezza ma che è stato dimostrato possono determinare torture e maltrattamenti, in attesa di un’indagine rigorosa e indipendente sul loro effetto, come le pistole stordenti, le pistole elettriche e lo spray al peperoncino;
- il divieto di esportazione e uso di qualsiasi equipaggiamento che possa di per sé causare tortura e altri abusi dei diritti umani, a meno che la parte ricevente non abbia stabilito rigide normative, in linea con gli standard internazionali, per regolare il loro utilizzo, come i gas lacrimogeni, i manganelli e le manette.

Nel corso dell’ultimo anno, Amnesty International ha denunciato torture ad opera delle forze di polizia e di sicurezza in 106 paesi. Sono attualmente almeno 856 le aziende, operanti in 47 paesi, coinvolte nella produzione o nella vendita di equipaggiamenti descritti come alternative “meno che letali” alle armi da fuoco, molti dei quali possono trasformarsi facilmente in strumenti di tortura. Roma, 2 dicembre 2003

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